Effetto Klondike in Borsa: l’oro sfonda quota 2.100

Effetto Klondike in Borsa: l'oro sfonda quota 2.100

È caccia all’oro sulle Borse mondiali: il metallo giallo sfonda i 2.100 dollari l’oncia (i contratti febbraio sono arrivati a 2.135 dollari) superando persino il massimo storico toccato nel 2020, in piena pandemia Covid.

Diversi i motivi alla base di questo nuovo effetto Klondike. Il primo è il riflesso pavloviano dell’atteso taglio ai tassi di interesse il prossimo anno da parte della Fed e della Bce dopo la corsa a perdifiato per combattere l’inflazione. Il secondo motivo consiste in una domanda mondiale di oro in crescita, sulla spinta di una popolazione cinese e indiana percentualmente sempre più in grado di soddisfare un’atavica passione per il metallo giallo, sottolinea Ferruccio Invernizzi, decano del settore e presidente della milanese Pronto Gold, banco metalli autorizzato da Bankitalia.

Terzo motivo: la domanda si confronta con una offerta scarsa. Perché la capacità residua delle miniere del Pianeta è ormai ridotta, tanto che non manca chi ipotizza missioni spaziali alla ricerca di nuovi giacimenti. «Alcuni studi, ormai quattro anni fa, stimavano per il settore una riserva aurea di 20mila tonnellate su base mondiale prima che il settore avesse dovuto sostenere costi estrattovi più elevati prima di trovare altre pepite», spiega Invernizzi ricordando che in media ogni anno l’industria ottiene circa 3mila tonnellate di metallo giallo. Insomma, la vena aurifera attualmente sfruttata si va esaurendo.

Va poi detto che il prezzo dell’oro universalmente riconosciuto è quello della Borsa di Londra. Questo non significa però che tutte le quotazioni brillino allo stesso modo. Perché, sottolinea Invernizzi, per ogni chilo di oro «fisico» ne circolano almeno cento «di carta», cioè future, derivati e fondi specializzati sul biondo metallo. Facile quindi, indirizzare nel breve periodo il mercato al rialzo o al ribasso comprando o vendendo i prodotti finanziari, prosegue l’esperto, tanto che anche ieri è poi sceso dai massimi mentre il mercato capitalizzava i guadagni.

Sul lungo termine, assicura il fondatore di Pronto Gold, vince quindi la concretezza. Lingotto e i conii sono equivalenti in partenza, questi ultimi tuttavia sono più facilmente liquidabili senza necessità di essere saggiati e consentono una maggiore flessibilità al piccolo risparmiatore, dato il loro modesto peso unitario. Da preferire è la sterlina aurea perché riconosciuta e accettata in tutto il mondo, mentre i marenghi mantengono una circolazione perlopiù europea.

Nelle stesse ore in cui l’oro sfondava i 2.100 dollari, il Bitcoin (valuta cripto per antonomasia) volava fino a quota 42mila. Seneca scriveva: «Il fuoco prova l’oro, la sventura gli uomini forti». Vedremo il prossimo anno come andrà a finire, soprattutto in caso di una recessione, a queste vecchie e nuove cornucopie di ricchezza.

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