Gaza e Ucraina sono due guerre distinte e lontane, ma per entrambe la coperta, soprattutto quella americana, si fa sempre più corta. Partiamo da Israele. Il miglior alleato degli Usa in Medio Oriente ha appena avviato l’offensiva nel sud di Gaza con l’obiettivo dichiarato di cancellare Hamas dalla Striscia e ucciderne i capi politici e militari. Ma il suo principale nemico rischia di rivelarsi un alleato americano pronto a sospendere ogni sostegno politico e militare se le perdite civili supereranno i limiti dell’accettabile. Un aut aut non facile da digerire e da rispettare. Operare in quel sud dove si sono rifugiati gli abitanti di un nord della Striscia già colpito dai bombardamenti significa operare in una zona dove la densità della popolazione supera ormai i 4mila abitanti al chilometro quadrato di prima della guerra.
In quell’inferno l’unico modo per evitare perdite di civili «inaccettabili» sarà rallentare le operazioni. Con il rischio che nel frattempo esploda la situazione in una Cisgiordania dove gli scontri con i coloni e l’indignazione per le vittime di Gaza, trasmesse a nastro da Al Jazeera e dalle tv palestinesi, regali nuova forza ad Hamas. Che potrebbe così tentare la carta dell’insurrezione generale nei Territori rimasti, fin qui, sotto il controllo dell’Autorità Palestinese. Il doppio fronte di Gaza e Cisgiordania rischierebbe così di trasformarsi la guerra in un conflitto senza fine. Anche perché se Israele sarà costretto a combattere a mani legate per rispettare le regole della Casa Bianca la prolungata resistenza garantirà ad Hamas non solo ulteriori consensi, ma anche la possibilità di alzare il prezzo nella trattativa sugli ostaggi. Su cui non a caso ha appena bloccato i negoziati.
Ma le preoccupazioni di Gerusalemme son ben poca cosa rispetto a quelle di Kiev. Al fallimento della controffensiva, seguito da scambi di accuse tra il presidente Volodymyr Zelensky i comandante delle forze armate generale Valery Zaluzhny, si aggiunge ora lo spettro di un taglio degli aiuti americani. Ad evocarlo è la responsabile dei fondi della Casa Bianca Shalanda Young. Secondo la Young il possibile «no» dei deputati repubblicani rischia di bloccare qualsiasi nuovo aiuto militare o finanziario a Kiev. «In questo momento non c’è una pentola magica da cui tirar fuori i fondi – avverte la Young – siamo senza soldi e quasi fuori tempo massimo per trovarli». Tra Gerusalemme e Kiev la coperta si fa sempre più corta. Mentre s’allarga il pantano in cui rischiano d’affondare entrambi i conflitti.