Scintille in Sudamerica tra Venezuela e Guyana dopo la vittoria plebiscitaria del ‘si” al referendum indetto dal presidente venezuelano Nicolas Maduro, che di fatto dà il via libera alla creazione di una nuova provincia nazionale dell’Esequibo. Maduro ha affermato che il risultato del referendum consultivo sulla difesa dell’Esequibo è vincolante per il suo governo e segna la tappa definitiva per recuperare i diritti storici su un territorio di quasi 160.000 kmq.
Nel corso di un evento nella sede del Consiglio nazionale elettorale, Maduro ha sostenuto che “questo referendum è vincolante e io rispetto il mandato del popolo, che è sacro. La voce del popolo è la voce di Dio e ieri si è manifestata. Ed è questa la direzione che prenderò come capo dello Stato in tutte le mie azioni d’ora in avanti“. Cercando di identificare il responsabile di quella che considera una fake news, ossia che la consultazione del popolo venezuelano è stata solo consultiva, il leader chavista ha puntato il dito contro la compagnia petrolifera ExxonMobil, che ha scoperto giacimenti nella regione contesa, e “l’Impero degli Stati Uniti che cerca, attraverso i social network, i media e gli influencer, di offuscare un’impresa bella e brillante come il referendum consultivo“.
Guyana: un’antica disputa territoriale
In realtà, la regione ricca di petrolio e minerali è oggetto di un’atavica disputa territoriale: amministrata dalla Guyana, il Venezuela ne rivendica la sovranità da due secoli. Più di 20 milioni di persone sono state chiamate a rispondere a cinque domande poste per un referendum consultivo, tra cui proprio quella sulla sorte dell’Esequibo. Secondo i dati diffusi dal Consiglio Elettorale Nazionale, l’affluenza alle urne è stata del 50% degli aventi diritto e la proposta di creare uno Stato denominato “Guyana Esequiba“, da integrare alla Federazione venezuelana, è stata accettata con il 95,93% contro il 4,07% di “No”. Sul piano giuridico significa, almeno sulla carta, che l’Esequibo dovrà essere incorporato al territorio venezuelano, che i suoi abitanti otterranno la cittadinanza venezuelana, ma prima ancora andrà modificata la Costituzione.
Este referendo consultivo puso al pueblo venezolano de a pie, defendiendo lo que nuestros libertadores y libertadoras nos dejaron, ademas unió a todo el país; hemos alzado nuestra voz para la resolución de esta controversia. ¡Lo hemos cumplido, el referendo se hizo! pic.twitter.com/jHSv8KlgiO
— Nicolás Maduro (@NicolasMaduro) December 4, 2023
Le pretese di Maduro sulla Guyana
Un’iniziativa che il governo della Guyana ha accolto come una provocazione esplicita anche se, al momento è ancora presto per capire cosa succederà tra i due Stati. Nei giorni scorsi, il ministro degli Esteri, Robert Persaud, aveva dichiarato che la Guyana non avrebbe riconosciuto i risultati del referendum, sottolineando che le rivendicazioni del Venezuela hanno portato a “livelli di tensioni senza precedenti tra i due Paesi“. Maduro, invece, non ha alcun dubbio sulla portata della votazione. “Con la schiacciante vittoria nel referendum sull’Esequibo abbiamo dato i primi passi per una nuova tappa storica“, ha detto il presidente del Venezuela, durante un suo discorso infuocato sulla Plaza Bolivar di Caracas.
Il testo sottoposto al voto dei venezuelani proponeva inoltre di opporsi con tutti i mezzi alla “pretesa” della Guyana di “disporre unilateralmente di un mare ancora da delimitare, illegalmente e in violazione del diritto internazionale“. Infine stabiliva di togliere alla Corte Internazionale di Giustizia la giurisdizione sulle dispute territoriali alla Guayana Esequiba. Per Maduro, il vero vincitore della votazione è stato “il popolo venezuelano con l’esercizio pieno della sovranità che gli conferisce la Costituzione bolivariana“. Di fronte, ad essere stato sconfitto, ha sottolineato il presidente contestato, è “sia il governo guyanese che si è appropriato dell’Esequibo, che la compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil che lo finanzia“.
Guyana, l’economia più veloce del Mondo
Ma quali sono le ragioni profonde delle mire di Maduro sulle selve dell’Esequibo? Innanzitutto, le pretese sull’area, sottratta dall’Impero britannico nel 1899, assume i contorni di una forma di revanchismo post-coloniale sul quale Maduro ha scelto di premere con il più populista degli strumenti: un referendum con percentuali bulgare e a proposito del quale sono stati registrati abusi e pressioni sui comuni cittadini. Ma sotto la veste “decolonizzatrice” le ragioni sono estremamente pragmatiche: i numeri della Guyana, infatti, presto spiegano le mire di Maduro. Lo scorso settembre il Fondo Monetario Internazionale attestava le stime di crescita della Guyana al 38% entro la fine del 2023. Previsioni celestiali anche per il PIL reale della piccola realtà, che potrebbe arrivare a crescere del 115% nei prossimi cinque anni. Quanto basta a fare di questa porziuncola di mondo, grande quanto la Grecia, l’econonomia più in crescita del pianeta grazie, ovviamente, all’esportazione di prodotti petroliferi.
Su questo aspetto le stime entro il 2027 prevedono un aumento netto della produzione petrolifera, da circa 400mila barili al giorno al milione di barili, grazie all’entrata in funzione di nuovi giacimenti offshore da parte del consorzio Exxon Mobi. La sottoarea responsabile di questo boom è il cosiddetto “Stabroek Block” , una porzione di atlantico pari a 7 milioni di acri, che risponde alle quarta scoperta offshore di rilievo effettuata da Exxon che corrisponderebbe, a sua volta, ad un bacino di circa 11 miliardi di barili. Una novità che ha portato la Guyana, nell’ultimo mese, a quota 46 giacimenti scoperti dal 2015 e che le assegna un ruolo di prim’ordine nelle stime al 2030, ove vede battere i tradizionali paesi OPEC sia in termini di quantità che di capacità di pompaggio.
Ma è l’indotto petrolifero che ha contribuito a fare della Guayana un’economia da manuale: investimenti nei trasporti e nel capitale umano, progetti di edilizia abitativa, crescita del settore minerario e agricolo sono a loro volta conseguenza e causa del boom petrolifero seguito alla scoperta del terzo giacimento. Un circolo virtuoso in grado di accogliere investitori, ma di attirare anche le mire geopolitiche delle grandi potenze sudamericane, soprattutto quelle della vicina Caracas.