“Così creo la suspense usando le emozioni”

"Così creo la suspense usando le emozioni"

Se ad osservare le donne è un narratore, ci si aspetta che sappia andare oltre i luoghi comuni. Ashley Audrain, canadese di Toronto, che con Sussurri (Rizzoli, pagg. 356, euro 18,50) è al suo secondo romanzo dopo il bestseller internazionale La spinta (2021), riesce a fare molto di più: le sue donne sono tutte diverse eppure tutte credibili, tutte attratte dal cambiamento, eppure tutte radicate in condizionamenti in cui è difficile non identificarsi. Nel thriller Sussurri, le protagoniste della Audrain ospite a Noir in Festival a Milano – Blair, Whitney, Rebecca e Mara, amiche e vicine di casa, sono sottoposte a una insopportabile pressione emotiva quando, a partire da un fatto di grave portata, segreti covati a lungo nelle famiglie e nella psiche esplodono e rivelano ansie, ombre, legami.

Sussurri in una frase?

«È la storia di quattro donne che vivono lungo Harlow street e non hanno consapevolezza di quanto le loro vite siano interconnesse, sinché non accade una tragedia nel quartiere che come un lungo filo tira fuori tutti i loro misteri personali».

Da che cosa nasce la suspense qui?

«I miei libri spesso sono accostati al thriller o al crime anche se raramente c’è un effettivo delitto o reati, non ci sono cadaveri, non c’è un omicidio. Eppure c’è sempre un elemento naturale di suspense e voglio che nasca dalle emozioni».

Lei ha lavorato quindici anni alla Penguin Books Canada, prima di dedicarsi alla scrittura: che ci dice dell’invidia in editoria?

«Quello che ho imparato come scrittore e prima ancora come ufficio stampa è che puoi fare solo una cosa: mettere giù la testa e concentrarti sul libro successivo. Non ti puoi preoccupare delle classifiche o di quello che stanno scrivendo gli altri, non è di nessuna utilità».

Le donne dominano l’editoria oggi?

«In Nord America le autrici hanno i contratti migliori, dominano le classifiche, i loro libri vendono e sono quello che le lettrici cercano, soprattutto nel romance. Ma se guardiamo agli autori di una generazione più grande, sono ancora riveriti, visti come il grande autore maschio, più seri, più letterari».

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