Matteo Salvini ieri, a Firenze, ha confermato di essere Matteo Salvini. E tutti a stupirsi. Già, che cosa ha detto Matteo Salvini di così strano al meeting dei sovranisti europei da suscitare tanto scalpore? Nulla che non si sapesse, nulla che i suoi alleati nel governo nazionale non avessero ben presente nel momento in cui hanno deciso di condividere con lui la responsabilità di guidare l’Italia. Ebbene sì: a Salvini questa Unione Europea così com’è non va proprio giù, in questo peraltro non la pensa diversamente non solo dalla maggior parte dei cittadini europei, ma neppure da Giorgia Meloni che, essendo premier, magari non lo può dire così seccamente, pur non avendo mai fatto mistero di avere come obiettivo il sovvertimento degli equilibri politici sovranazionali. Tutto questo astio della sinistra nei confronti del segretario della Lega ha una sola giustificazione: Matteo Salvini e il suo partito fanno paura e suscitano invidia perché sono vivi e vegeti al punto da contribuire oggi all’orientamento del governo nazionale e, molto probabilmente, domani a quello di un possibile governo europeo non disponibile a fare inciuci contro natura.
Chi cerca di far passare Salvini per un pericoloso estremista, vedi il sindaco illiberale di Firenze Nardella, chi spera di creare fratture incurabili tra lui e Giorgia Maloni, chi lo deride avendo un quarto dei sui voti, vedi Renzi e Calenda, o è un ingenuo o un illuso che sta solo perdendo tempo: la Lega è e resterà un pilastro portante di questo governo e le ovvie e legittime diversità di vedute con gli alleati di Fratelli d’Italia e Forza Italia, per lo più in politica estera, scommetto resteranno fuori dalla porta del Consiglio dei ministri.
Certo, Matteo Salvini è divisivo, piacere a tutti non è mai stato un suo obiettivo. Ognuno la pensi come crede, ma una cosa è certa: senza la Lega non esiste, e non sarebbe mai esistito un centrodestra di governo e non è che Salvini ponga alla Meloni meno grattacapi di quanti Bossi ne abbia posti a Berlusconi senza per questo tradire un patto. E poi diciamolo chiaramente: siamo in campagna elettorale (le elezioni europee saranno a giugno) e ogni partito ha il diritto di parlare ai suoi elettori con le parole d’ordine che ritiene più efficaci, che a volte sono vere, altre verosimili.