Il quinto Amadeus parte con il cast più trasversale

Il quinto Amadeus parte con il cast più trasversale

Più canzoni, meno rivoluzione. Almeno sulla carta. Dunque i cantanti in gara al prossimo Festival salgono a 30 (27 cosiddetti Big e 3 giovani che saranno annunciati il 19 su Raiuno) e il primo pensiero è riassunto scherzosamente da Fiorello: «Io andrò in onda alle 6 del mattino».

Al di là delle battute, dai Ricchi e Poveri a Il Tre, il cast dei concorrenti che Amadeus ha snocciolato ieri al Tg1 è forse il più trasversale dei suoi cinque, quello che copre più generazioni, più tipi di pubblico, persino più media. Salvo poche eccezioni, questa volta si è risparmiato il punto interrogativo ossia il «chi è questo?» del telespettatore medio che non necessariamente è un fedele osservatore del mondo musicale. A parte La Sad (trio milanese di pop punk) e Maninni (barese, molto bravo e molto da scoprire visto che su Spotify ha solo 23mila ascoltatori mensili) sono quasi tutti conosciuti al grande pubblico. Nel complesso è un Festival sulla carta più conservatore di altri, anche se ovviamente la vera differenza (non dimentichiamolo) la fanno le canzoni. Ci sono cinque concorrenti che l’hanno già vinto (Emma, Diodato, Ricchi e Poveri, Il Volo, Mahmood), molti che ci sono andati vicino (ad esempio Mr. Rain) e altri che rientrano senza dubbio nel gotha pop 2023. Annalisa, ad esempio, ed è inutile spiegare perché. O Angelina Mango, che in pochi mesi è diventata l’unica artista femminile ad avere 3 brani in Top 100 su Spotify, Amazon e Apple). L’arrivo dei The Kolors è una sorta di «risarcimento» per l’esclusione, così si dice, dallo scorso Festival di Italo Disco che è stato «il» tormentone dell’estate.

Nel settantaquattresimo Festival ci sono autentiche icone che ne hanno già «fatti» a occhio e croce altri undici come Loredana Bertè. Ma ci sono anche gli esordienti assoluti in gara come Alessandra Amoroso, Fred De Palma (da tenere sott’occhio), la lanciatissima Rose Villain, il prodigioso Alfa e quello che potrebbe fare davvero il grande botto nazionapopolare ossia il 23enne Geolier che ha già prenotato lo stadio Maradona della sua Napoli. Nell’accurato dosaggio di ingredienti rientrano Fiorella Mannoia, gigantesca interprete socialmente molto attiva, e Big Mama, al secolo Marianna Mammone, una rapper che torna all’Ariston (ha duettato a febbraio con Elodie) dopo aver battuto il bodyshaming, i pregiudizi provinciali sulla sua bisessualità e soprattutto un maligno Linfoma di Hodgkin.

Nella quota indie (ma esiste ancora l’indie?) rientra Gazzelle, che ha una ottima capacità di scrittura, ha cantato all’Olimpico di Roma e ora si presenta nei salotti di casa. A dirla tutta, questo Sanremo è forse doppiamente importante per chi, come Sangiovanni o Mr. Rain, ha avuto un imponente successo e adesso lo deve confermare. Sia chiaro: ormai Sanremo non è più quello del «o la va o la spacca», del trionfo o della figuraccia. L’importante è esserci, e siamo d’accordo. Ma in alcuni casi l’esserci si porta dietro più responsabilità e più attesa che in altri. Mica sono tutti nella situazione dei Negramaro che hanno già vinto tutto il possibile e per loro la gara all’Ariston sarà più che altro una grande festa a corredo dei vent’anni di musica insieme. Ci sono anche quelli come Renga e Nek che magari celebrano il loro primo Sanremo insieme prima di tornare, almeno per un po’, alle rispettive carriere soliste. O come Irama che, dopo il joint album con Rkomi, probabilmente sfrutterà il palco per mostrare un’altra delle sue rivoluzioni. Rimangono Ghali e Mahmood, entrambi – come già scrivono i social – in rappresentanza dei figli di immigrati, degli italiani di seconda generazione che sono inseriti benissimo (anche) nella nostra musica. Il primo cerca un rilancio di popolarità, quantomeno mainstream. Il secondo prova il bis, anzi il tris dopo aver vinto da solista nel 2019 e nel 2022 in coppia con Blanco. E poi c’è Dargen D’Amico, la vera scheggia impazzita dell’edizione.

Insomma, l’ultimo festival (consecutivo) di Amadeus sulla carta ha un peso forse meno sorprendente e più prevedibile nella scelta dei nomi. Però a dare la misura musicale di questa edizione non saranno soltanto i brani ma anche la loro interpretazione sul palco, che è sempre più decisiva. Dopo aver fatto la rivoluzione, ora Amadeus se ne gode i frutti e conserva la propria linea senza sparigliare troppo le carte.

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