L’incantesimo woke s’è spezzato. Sì, ma da tempo. Il punto è che alla Disney se ne sono accorti solo ora, dopo un’annata nera per gli incassi al botteghino e una serie di segnali non proprio incoraggianti per il futuro. Qualcuno nella multinazionale dell’intrattenimento dev’essersi infatti chiesto se a causare questa disaffezione non fossero stati anche gli eccessivi ossequi al politicamente corretto presenti ormai in tutte le produzioni del gruppo. E così a dar sfogo a quella fondata supposizione è stato lo stesso Ceo, Bob Iger. In un recente incontro pubblico, l’imprenditore ha puntato il dito proprio contro i creatori Disney, rimproverandoli in sostanza per aver perso la bussola.
Sì, perché la deriva woke ha trasformato ogni recente film Disney in un manuale di buonismo progressista, tra esempi talvolta forzati di inclusione, personaggi gender fluid e cliché tipici del politicamente corretto. Una modalità che non ha mai convinto del tutto il pubblico, soprattutto quando le operazioni di revisionismo buonista riguardavano vecchie pellicole di successo o remake mal riusciti. “Dobbiamo concentrarci sull’intrattenimento, non sui messaggi“, ha pertanto lamentato Iger, spiegando che le storie intrise di “messaggi positivi per il mondo” possono essere fantastiche, ma non dovrebbero essere imposte al pubblico. Cosa che invece è avvenuta, talvolta anche e nonostante lo scetticismo di moltissimi spettatori.
Ad esempio, aveva fatto discutere il remake della Sirenetta con una protagonista di origini afroamericane. Quella scelta, celebrata dalla stampa di sinistra come “un’ottima notizia per i bambini” per il proprio valore “multietnico” e “inclusivo“, aveva in realtà suscitato più di quale perplessità proprio per il suo carattere artificioso. Allo stesso modo, aveva provocato reazioni divergenti l’annuncio dei dirigenti Disney di imporre una quota Lgbt in almeno la metà dei personaggi rappresentati. E, sin da subito, in molti avevano bollato come follia la scelta di inserire un’avvertenza politicamente corretta all’inizio di vecchi classici come Dumbo, Peter Pan, Lilli e Il vagabondo, Il libro della Giungla, film nei quali – secondo l’ideologia woke – sarebbero stati presenti stereotipi razzisti e discriminatori.
Ora a “svegliarsi” è stato però il Ceo della multinazionale, che apertamente ha menzionato quella deriva ultra-progressista come una criticità. A imporre qualche riflessione al riguardo devono essere stati anche i dati preoccupanti del botteghino: nell’anno ormai in conclusione, l’azienda ha registrato un ulteriore record in negativo. L’ambizione è ora quella di invertire l’andamento, anche in vista di un 2024 nel quale Disney ha in programma nuove importanti uscite come Deadpool 3, Mufasa: Il re leone e Inside Out 2.
Intanto, mentre si arrovellava sui fallimenti del politicamente corretto imposto nei film, il Ceo Bob Iger riceveva anche un sonoro vaffa da Elon Musk, arrabbiato per la decisione di Disney di non acquistare più pubblicità sulla piattaforma X in dissenso rispetto ad alcuni commenti antisemiti comparsi sul social network. “Chi vuole provare a ricattarmi con la pubblicità e con i soldi vada a farsi f*ttere. È chiaro? Ehi Bob, se sei tra il pubblico: è così che la penso, non fare pubblicità!“, aveva esclamato il magnate durante il medesimo evento pubblico al quale partecipava anche il top manager di Disney.