Assedio a Khan Younis: è guerra anche nel Sud. L’avviso ai capi Hamas: “Arrendetevi o morirete”

Assedio a Khan Younis: è guerra anche nel Sud. L'avviso ai capi Hamas: "Arrendetevi o morirete"

I carri armati israeliani arrivano a nord di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza diventata il nuovo fortino dei leader di Hamas. Con un allargamento della manovra militare, è ufficialmente iniziata ieri l’azione di terra nella parte meridionale della Striscia, dove Israele è convinta siano nascosti i tre grandi capi di Hamas e pianificatori del massacro del 7 ottobre, Sinwar, Deif e Issa. «Sarà potente come a nord», promette il capo di Stato maggiore Halevi. La pausa umanitaria sembra ormai un lontanissimo ricordo. La guerra a Gaza prosegue feroce quanto inesorabile, con l’avvertimento di Israele ai terroristi – «Gettate le armi o morirete» – e il consiglio ai civili di spostarsi ancora più a sud, verso Rafah, al confine con l’Egitto, per allontanarsi dai pesanti raid.

Tsahal ha continuato ancora ieri, con una potenza di fuoco sempre più massiccia, a martellare dal cielo, con bombardamenti sempre più intensi, la parte meridionale della Striscia. Dall’inizio dell’operazione militare, sono stati oltre 10mila i raid aerei sulla Striscia. Eppure Hamas ha continuato a lanciare razzi contro Israele mentre Hezbollah, alleato dell’asse della «resistenza» islamista dal Libano, ha ferito 11 soldati israeliani con l’esplosione seguita al lancio di un razzo anti-carro in Alta Galilea, nord di Israele. Il clima si surriscalda di giorno in giorno anche nel Mar Rosso, dove gli Houthi dello Yemen hanno lanciato razzi e droni contro un cacciatorpediniere statunitense intervenuto in soccorso di due mercantili, a loro volta colpiti da droni. E l’Iran torna ad accrescere i timori su un allargamento del conflitto: «Israele si fermi o la guerra si estenderà», avverte Teheran.

Il premier Benjamin Netanyahu ha promesso che l’offensiva proseguirà sempre più intensa. «Con il fuoco, stiamo parlando al nemico per la liberazione degli ostaggi», ha spiegato, certo che il pressing militare, oltre che a sradicare Hamas, possa aiutare le trattative. Oggi sono 59 giorni dal pogrom del 7 ottobre, due mesi di prigionia per i circa 130 ostaggi, e la trattativa per il loro rilascio si fa più complessa, anche se la strategia del governo israeliano è chiara: colpire duro per eliminare Hamas e convincerla a liberare gli altri rapiti. Gli Stati Uniti confermano che i negoziati «ufficiali» si sono interrotti, ma si sta lavorando per riavviare le trattative e ripristinare una tregua con la mediazione di Qatar ed Egitto.

I civili continuano infatti a pagare un prezzo altissimo, tanto che il segretario alla Difesa Usa, Loyd Austin, ha avvertito Israele del rischio di una «sconfitta strategica» se non tutelerà la popolazione. Dalla ripresa dell’offensiva, venerdì, sono già almeno 316 i palestinesi uccisi, oltre 15.500 le vittime da inizio guerra, il 70% donne e bambini. Anche per questo, secondo un funzionario dell’amministrazione Usa, Israele avrebbe accettato di indicare ampie «safe zone», aree sicure nel sud di Gaza, per proteggere gli ormai 1.8 milioni di sfollati, il 75% della popolazione.

Lo Stato ebraico incassa intanto nuovi progressi militari. L’Idf annuncia di aver scovato 800 tunnel di Hamas e di averne distrutti circa 500 dall’inizio dell’operazione di terra il 27 ottobre. Almeno 7 militanti del gruppo sono stati uccisi ieri in un raid. Ma tra le vittime a Gaza si conta anche lo scienziato palestinese Sufyan Tayeh, presidente dell’Università islamica di Gaza e stimato ricercatore di fisica e matematica, ucciso con la famiglia. Per i civili la situazione è disastrosa, nonostante Israele dichiari di fare il massimo sforzo per proteggerli. L’obiettivo, per i vertici israeliani, è decapitare Hamas. Lo conferma il capo dello Shin Bet, l’intelligence interna, che delinea tempi e modalità: «Serviranno anni, ma elimineremo i capi. Anche in Turchia e Qatar».

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