Sono ormai anni che non si parla d’altro che di sostenibilità e catastrofi ambientali. Dove sta la verità? Le singole persone possono intervenire rispetto a giochi d’interesse più grandi e ai fiumi di denaro che ne conseguono? Una domanda a cui è difficile dare risposta, soprattutto quando ci si sente piccoli e impotenti di fronte ad una problematica così enorme. Eppure anche noi con le scelte che facciamo, le abitudini spesso sbagliate e le cose a cui non vogliamo rinunciare, possiamo fare la differenza. A raccontarlo in un diario di bordo durante il Vendée Globe, una delle regate in solitaria più difficili che esistano è Giancarlo Pedote, che ha guardato negli occhi l’oceano e ha riportato ne libro: Proteggiamo l’oceano, il pianeta ha bisogno di te (ElektaKids) sia la sua grandezza ma anche il suo dolore e nella nostra intervista spiega come anche le piccole cose possono fare una grande differenza.
Cosa le ha “raccontato” il mare durante le sue traversata?
“Durante il giro del mondo in solitario, che è durato 80 giorni, il mare ha condiviso con me la sua magnificenza, la sua potenza. Ritrovarmi per settimane circondato di solo cielo, vento e oceano, mi ha portato ad immergermi in questo elemento, a sentirmi piccolo di fronte alla sua maestosità. Sentirsi in balia degli elementi, porta facilmente a riflettere su quanto dipendiamo da essi. Per un marinaio questa è una sensazione nota, semplice e istintiva: un capriccio di Eolo o Nettuno possono mettere in pericolo qualsiasi imbarcazione. Ma durante il mio primo giro del mondo, sono andato oltre a questo. L’oceano mi ha raccontato quanto è importante per tutti noi, sempre. Regola il clima, ospita incredibili forme di vita che assorbono anidride carbonica e producono ossigeno e che fanno parte di un ecosistema globale nel quale se qualcosa si rompe, le conseguenze le subiscono tutti. Mantiene l’equilibrio sul nostro Pianeta”.
Navigare in solitaria, sicuramente dà modo di rimanere molto con se stessi, quali sono stati i suoi pensieri più ricorrenti?
“Non posso negare che navigando in solitario, la maggior parte dei pensieri erano rivolti alla buona navigazione che, nel mio caso, essendo in una situazione di competizione, significava pensare a come prendersi cura della barca e di me stesso e studiare costantemente la situazione metereologica e la situazione del mare al fine di tracciare la giusta rotta verso il miglior risultato sportivo possibile”.
Dal libro si percepisce il suo profondo legame con il mare di cui lei percepisce addirittura il dolore, com’è attualmente la situazione?
“Non sono io che ho scelto il mare, è lui che ha scelto me. È qualcosa che non riesco a spiegare, non riesco a vivere lontano da lui e per lui mi preoccupo. Non sono uno scienziato che possa dire quale è lo stato di salute del mare, ma cerco di fare la mia parte tenendomi informato, attuando piccoli gesti che possano aiutarlo e condividendo con il maggior numero di persone possibile questo dovere, un dovere che mi rassicura, non mi viene imposto. Che mi aiuta a connettermi con il mare, l’oceano e quindi me stesso”.
Avendo scritto un libro dedicato ai ragazzi, si comprende che è su di loro che lei punta di più, per gli adulti non c’è più speranza?“Certo che c’è speranza, proprio e soprattutto attraverso l’educazione dei bambini che, essendo sensibili e ricettivi, hanno il potere e la forza di coinvolgere gli adulti. Ed è anche questo lo scopo del mio libro, sensibilizzare i ragazzi chiedendogli di farsi aiutare dalle proprie famiglie nella protezione dell’oceano, che è una missione collettiva che deve animare tutti perché fatta di tanti piccoli gesti. In quanto padre, credo fortemente nell’educazione quale mezzo per cambiare le cose creando da subito le buone abitudini. Gli adulti hanno un doppio ruolo, quello di creare le giuste regole e sistemi socio-economici, in quanto Istituzioni, e quello personale di apportare un contributo quotidiano alla lotta contro l’inquinamento adottando le buone abitudini. Ma sappiamo bene che cambiare abitudini non è semplice, richiede sforzo ed è per questo che ritengo importante lavorare su tutti i fronti, coinvolgendo i ragazzi il prima possibile”.
Quali sono i gesti più comuni, magari involontari, che compiamo ogni giorno e che per il mare risultano invece davvero pericolosi?
“Sono tanti, nel mio libro ne accenno svariati in modo che ciascuno di noi possa iniziare subito a proteggere l’oceano e quindi se stesso e i propri cari. Pensiamo solo allo spreco dell’energia elettrica, quanti di noi utilizzano solo le luci necessarie, le spengono non appena non sono più utili e staccano le prese elettriche quando hanno finito di utilizzarle? Facciamo una breve riflessione, scegliamo di attuare un gesto tutti insieme, coinvolgendo i ragazzi, creiamo un’abitudine positiva, rendiamola concreta, solida. Dopo qualche tempo, utilizzando impegno e dedizione, diventerà automatica, facile. Quello sarà un traguardo per noi e per l’ambiente, e la postazione di partenza per fissare un nuovo piccolo obiettivo: un’altra buona abitudine”.
Cambiare secondo lei è possibile o è qualcosa di utopistico? La gente è disposta secondo lei a modificare la propria vita? Non parlo di rinunciare alla plastica di una bottiglia d’acqua, ma al riscaldamento, all’auto alle fabbriche?
“Cambiare è possibile, di questo sono convinto. Ed è fondamentale crederci. Dobbiamo guardare le cose su due differenti scale: una microscopica, che è quella che riguarda il nostro quotidiano, la nostra coscienza personale, per la quale possiamo fare molto, e una macroscopica, che comprende le Istituzioni e le imprese, che devono poter dare alle persone la possibilità di scegliere facilmente di proteggere l’ambiente. Senza un intervento di questo genere, scegliere di proteggere l’oceano, l’ambiente, rischia di diventare una scelta di vita per una élite di persone, perché ancora oggi le alternative ecologiche sono spesso più costose. Sempre restando nell’ambito dell’energia elettrica, non possiamo chiedere alle persone di non utilizzarla, dobbiamo chiedergli di non sprecarla e dobbiamo chiedere alle imprese coinvolte e alle istituzioni di fare in modo che la sua produzione sia il più possibile ecosostenibile, attraverso l’eolico per esempio. L’energia elettrica è utile, necessaria, a volte vitale, ma la sua produzione ha un costo per l’ambiente. E qui ci vuole una coscienza collettiva”.
Da cosa si deve partire per iniziare un cambiamento profondo?
“Dalla convinzione che ogni piccolo gesto è utile, che possiamo scegliere e possiamo farlo subito, ogni volta che compriamo qualcosa, quando decidiamo quale attività fare. Tutto è importante. E dobbiamo subito coinvolgere i ragazzi. Anche per questo ho inserito nel mio sito internet un’appendice del libro, una pagina che contiene due pdf di attività, che possono essere stampati e che sono stati ideati con l’obiettivo di far riflettere i più giovani giocando e coinvolgendo gli adulti. Sono dedicati uno ai bambini più piccoli e uno ai ragazzi, un modo per passare qualche momento pensando a come possiamo proteggere l’oceano”.