“Ma è solo un rumorino”: il surreale viaggio sulla Daewoo di “Tre uomini e una gamba”

"Ma è solo un rumorino": il surreale viaggio sulla Daewoo di "Tre uomini e una gamba"

Nastro della cassetta che cuoce lento nell’abitacolo rovente. La canicola estiva si lavora il cruscotto di plastica della Daewoo Nubira che, lunghissima e caracollante, li trasporta da Milano a Gallipoli. Giacomo inizia a intonare il motivo, compiaciuto. In macchina frinisce Anima mia dei Cugini di Campagna. Dura il tempo che serve a Giovanni per estrarla e sbatterla fuori dal finestrino. Ora Giacomino ci riprova, mettendo su Luci a San Siro di Roberto Vecchioni. Stavolta fa centro. Giovanni bascula pericolosamente lungo la strada, cedendo all’emozione. Appollaiato dietro, Aldo osserva la scena compiacuto. Certo non possono aspettarselo mentre girano queste scene, ma Tre uomini e una gamba, il loro primo film per la regia di Massimo Venier, diventerà un successo clamoroso.

Con la complicità, infilata dentro a questo surreale road movie alla riscoperta di sé, di una vettura che contribuisce ad ammantare di improbabilità l’intera trama. Il trio lavora a Il Paradiso della Brugola, un ferramenta senza pretese, la cui scritta campeggia trionfante anche su una fiancata della vettura. Il proprietario è un detestabile imprenditore romano, Eros Cecconi, già suocero di Aldo e Giovanni e in procinto di diventarlo anche per Giacomo, che deve andare in Puglia per sposarsi con la sua terza figlia. Missione principale, certo, ma che si accompagna ad un altro compito per nulla secondario: portare giù un prezioso manufatto in legno del celebre scultore Garpez. Una gamba di legno.

Il destriero del trio è, si diceva, una station wagon coreana, la Daewoo Nubira. Macchina uscita proprio quell’anno: profili allungati, linee docili, tutt’altro che sportiva. Monta un motore benzina 4 cilindri in linea da 1.598 cc Euro 2, che esprime una potenza di 106 Cv a 6 mila giri/min. Lanciata al massimo, e non è il caso del film, raggiunge i 175 km/h. Per sprintare da a 0 a 100, invece, ci mette 11 secondi netti. Fondamentale, specie in un viaggio di mille km dalla Lombardia alla Puglia, il capitolo dei consumi: 12 l/100Km sul circuito urbano, 7 l/100Km su quello extraurbano e 9 l/100Km sul misto. Il bagagliaio, decisamente ampio, è un punto segnato.

Malgrado la lunghezza, l’abitacolo pare angusto. Spesso Aldo si ritrova con i piedi sul cruscotto e, oltre alla giunture incriccate, gli interni raccontano di una vettura di fascia media, senza pretese. Non coltiva il vezzo della performance, nè quello dell’estetica. Ancora meno dopo che Marina Massironi – Chiara, nel film – la tampona mentre se ne sta andando in vacanza in Grecia. Botto che ammacca la carrozzeria, ma risulta contundente anche per le convinzioni dei tre amici, dato che Giacomo si innamora di Chiara, mentre Aldo e Giovanni iniziano a riflettere sulla possibilità di reagire ad una vita punteggiata di vessazioni e insoddisfazione.

Un viaggio interiore facilitato dai colpetti accusati dalla Daewoo, certificati dalla scena in cui Giovanni protende l’orecchio e chiede a Giacomo se sente un rumorino. “Non è nulla, è solo un rumorino, siamo già in ritardo”, risponde lui. “Anche sul Titanic dicevano è solo un rumorino”, replica Giovanni. In un’altra scena diventata iconica la macchina giace in un campo, il cofano aperto e fumante, messa a dura prova da un viaggio per nulla placido.

Una vettura che, in fondo, è rappresentazione metaforica chirurgica dei suoi occupanti: mediocre, forse, ma con tanta voglia di andare lontano. Ho imparato a sognare, dei Negrita, ora invade l’abitacolo.

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