Da ormai una settimana all’interno delle sacre mura, in quel piccolo Stato che monsignor Paul Marcinkus chiamava “un villaggio di lavandaie”, non si parla d’altro. L’indiscrezione che ha provocato un terremoto in Vaticano e nel cattolicesimo anglosassone è stata pubblicata lunedì mattina da Riccardo Cascioli su La Nuova Bussola Quotidiana: il Papa ha deciso di togliere al cardinale Raymond Leo Burke del cosiddetto piatto cardinalizio e l’appartamento a Roma.
L’annuncio
Francesco lo ha annunciato nel corso di una riunione dei capi dicastero. Una circostanza confermata dal Papa stesso al suo amico Austen Ivereigh. Bergoglio ha inviato un chiarimento al giornalista britannico sostenendo di non aver “usato la parola ‘nemico’ né il pronome ‘mio'” per motivare la decisione ma confermando di aver “semplicemente annunciato il fatto nella riunione dei capi dicastero, senza dare spiegazioni specifiche”. Quindi, nessuna motivazione per un provvedimento durissimo preso ad personam nei confronti di un cardinale senza macchia nel suo curriculum, ma che negli ultimi undici anni è stato il frontman di chi vive a disagio le aperture dottrinali di Francesco. Il Pontefice argentino ha più volte esortato i malpancisti nella Chiesa a fargli le critiche in faccia “perché è così che si cresce”. Non si può certo obiettare a Burke di non averlo fatto: lo statunitense è stato firmatario dei dubia del 2016 su Amoris Laetitia e pochi mesi fa di quelli sul Sinodo. “La critica deve essere resa pubblica, perché ha da fare con il bene comune nella Chiesa e nel mondo”, ha detto una volta il cardinale in un’intervista alla Nuova Bussola in coerenza con quanto affermato in numerosi interventi su articoli, convegni, conferenze e seminari.
Nonostante ciò, dal momento che oltre all’insofferenza per la linea dell’attuale pontificato non c’è altro a gravare sulla testa dell’uomo che Benedetto XVI volle alla guida del Supremo tribunale della Segnatura apostolica, Francesco ha scelto di privarlo dello stipendio e della casa a 75 anni.
La punizione
La decisione del Papa è maturata mentre il cardinale Raymond Leo Burke si trovava negli Stati Uniti dove trascorre una parte consistente dell’anno nel Wisconsin, presso il santuario Shrine of Our Lady of Guadalupe a La Crosse. Il ritorno del porporato a Roma è atteso per metà dicembre. Compiuti i 75 anni e perso il ruolo solamente formale di patrono dello Smom dalla scorsa estate, Burke aveva messo in conto di passare ancora più tempo negli Stati Uniti ma adesso dovrà rinunciare alla casa romana a pochi passi da piazza San Pietro e nella quale campeggia il ritratto di Francesco. Nonostante sia stato sin dall’inizio del pontificato presentato come un nemico del Papa, infatti, il cardinale statunitense non si è mai considerato tale. Chi scrive ricorda la sua faccia sofferente nel vedere una copertina del 2017 della rivista Fq MillenniuM che ritraeva Francesco trafitto dalle frecce come San Sebastiano. La presunta opposizione del porporato americano non è di carattere personale, ma indirizzata agli orientamenti prevalenti negli ultimi undici anni su morale, liturgia, diritto e accesso ai sacramenti e da lui non condivisi.
Le possibili conseguenze
La punizione riservata a Burke segue di poco la rimozione dalla guida della diocesi di Tyler del vescovo 65enne Joseph Edward Strickland. Queste novità inevitabilmente aumenteranno il malcontento nel cattolicesimo già critico con le innovazioni di Bergoglio e polarizzeranno ancora di più le posizioni nella Chiesa. Tra i tanti, anche all’interno del Collegio, insofferenti per le decisioni muscolari del Papa potrebbe crescere la paura di parlare e di esercitare quello che lo stesso Francesco ha definito “un diritto umano”: ovvero esprimere critiche in pubblico. Rimane il dubbio se un provvedimento grave e ad hoc come quello annunciato nella riunione dei capi dicastero possa rimanere senza “spiegazioni specifiche”, come ha detto il Papa ad Ivereigh. Le chiederà al Papa il cardinale decano, il bresciano Giovanni Battista Re, a cui spetta – come ricordato nel 2019 in un motu proprio dal Pontefice regnante – una “fraterna e proficua presidenza di primazialità inter pares” nel Collegio?