È l’ambientalismo irragionevole che fa salire i costi in bolletta

È l'ambientalismo irragionevole che fa salire i costi in bolletta

Alle famiglie che pagheranno di più luce e gas i media dicano che è il frutto di politiche ambientaliste ideologiche, autolesioniste e soprattutto inutili. Già mesi prima del conflitto russo-ucraino i prezzi mondiali del gas erano schizzati e il motivo lo spiegò Claudio De Scalzi, ad di Eni: «La giusta necessità di de-carbonizzarsi impatta sugli investimenti nelle fonti tradizionali e genera una diminuzione nella loro offerta a fronte di una domanda che strutturalmente ancora le richiede. Quindi ecco la ragione vera: ci sono stati meno investimenti». Secondo l’International Energy Agency gli investimenti in oil&gas, nel 2014 in aumento sopra i 750 miliardi di dollari, crollarono tra il 2015 e 2016 intorno ai 430 miliardi, dove sono rimasti fino al 2020, quando calarono ancora fino a quasi 300 miliardi. Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, «il problema di fondo è che da dieci anni non si investe più nelle energie tradizionali, perché tutti dicono che sono obsolete, vengono scoraggiate in ogni modo, perciò adesso nel mondo c’è una grave carenza di petrolio, gas e carbone di cui non possiamo fare a meno, e di conseguenza i prezzi dell’energia esplodono, scaricandosi su tutto il sistema economico».

Insomma, fare il tifo per l’ambientalismo delle COP va benissimo, ma è inutile nascondere il cartellino del prezzo, tanto poi alla fine compare scritto sulla bolletta della luce e del gas, quando non anche alla pompa di benzina.

Poi c’è la geo-politica mondiale, anche detta conflitto russo-ucraino. Per sapere come ci siamo finiti dentro, rivolgersi allo sportello Washington, ma che fosse una guerra europea, nel senso che il prezzo economico l’avremmo pagato noi, s’era capito subito. L’impianto energetico di mezza Europa è saltato, incluso due gasdotti, e con esso pure le politiche ambientaliste, con la Germania che brucia carbone e lignite e comunque non ce la fa e noi che strapaghiamo il gas arabo e americano, avendo rinunciato a estrarre il nostro in Adriatico. Ma qui il problema è politico, come dice Claudio Torlizzi di T-Commodity: «Quando l’Europa tra quattro, cinque anni, avrà raggiunto una sua ridondanza energetica, cioè avrà garantito un parco fornitori ampio e vasto e magari sviluppato una sua capacità interna (ricordiamo che in Olanda c’è un giacimento di gas non usato per ragioni ambientali che avrebbe una capacità di 50 miliardi di metri cubi annui), la situazione sarà meno instabile. Se l’Europa si svegliasse e iniziasse a considerare il proprio territorio come potenziale soggetto di fonte di approvvigionamento, a quel punto le tensioni sui mercati energetici verrebbero fortemente ridimensionati».

Già, ma il clima? Il clima non sa che farsene di un’Europa che complessivamente emette il 7% della CO2 globale, in calo da 40 anni. È solo che vogliamo fare le anime belle. Allora, quando vediamo i servizi su COP 28 o sul mercato tutelato, colleghiamo i puntini e capiamo che a pulire la coscienza si pulisce pure il portafoglio.

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