A casa gli ultimi 2.700 addetti Alitalia

Terminato l’ossigeno nei respiratori, ai commissari non è rimasto che dare l’ordine di far srotolare gli scivoli di emergenza fuori dalla carlinga arrugginita della vecchia Alitalia e far sbarcare gli ultimi dipendenti. L’ex compagnia di bandiera, finita in amministrazione straordinaria con la nascita «in discontinuità» della nuova Ita Airways come imposto da Bruxelles per evitare la tagliola degli aiuti di Stato, ha comunicato al governo il licenziamento di 2.668 dipendenti sui 2.840 totali. Ad andare definitivamente a casa sono gli addetti che vivono da tempo in quella assenza di gravità che è la Cig a zero ore, mentre i restanti 172 restano in servizio, ma solo per sbrigare le ultime incombenze della liquidazione.

Nella missiva Alitalia, datata primo dicembre, si legge che «alla luce del quadro normativo e fatta eccezione per le sole necessità operative dell’amministrazione straordinaria connesse al completamento dell’attività liquidatoria», che terminerà il 15 gennaio del 2024, «la scrivente è impossibilitata al reimpiego dei lavoratori» in cassa. Questi stessi quindi «appaiono come eccedenti».

Piloti, hostess, tecnici e il resto del personale in eccesso, prima di saltare fuori da Alitalia, si allacceranno tuttavia in vita l’ennesimo giubbotto di salvataggio. Cioè il prolungamento, pur con alcune limitazioni, della Cig straordinaria fino al 31 ottobre del 2024, come previsto dal dl Asset. A erogare l’assegno mensile non sarà più Alitalia ma direttamente lo Stato: in base al quadro normativo attuale la misura non godrà di ulteriori proroghe quindi, fatti salvi i futuri pensionandi, non sono attesi altri ammortizzatori a carico della collettività.

I commissari fanno notare che la procedura «è stata attentamente valutata al termine di un percorso condiviso» che prevede la firma di un accordo con i sindacali e che si attiverà «esclusivamente su base volontaria». Sarà quindi, rimarcano ancora, «a totale discrezione del dipendente aderire o meno in base a proprie personali valutazioni».

Ai sindacati tuttavia non basta ancora e alzano la voce in vista del tavolo con l’azienda atteso giovedì. «È surreale e incomprensibile che in Italia si licenzino quelle professionalità che saranno a breve indispensabili» vista la ripresa del trasporto aereo, protesta il segretario generale Fit-Cisl, Salvatore Pellecchia, ricordando i dati dell’Enac. Ingrossano il corteo delle proteste sia la Filt Cgil, che chiede all’esecutivo di prorogare la cassa a tutto il 2025 sia la Uil Trasporti, secondo cui gli esuberi andrebbero a priori ricollocati nella nuova Ita Airways o «in altre aziende del settore». Partita a testa bassa anche la sinistra.

Giova qui ricordare che Alitalia ha spento definitivamente i motori il 14 ottobre 2021 dopo 74 anni di vita. I successi di gioventù non sono mancati, ma l’epitaffio non potrà che considerare anche le travagliate vicissitudini che, si stima, hanno bruciato 16 miliardi dei contribuenti nel vano e ripetuto tentativo di fare tornare a rollare i motori della compagnia. Tanto che, già con il governo Draghi, è nata l’«erede morale» Ita Airways, comunque troppo piccola per competere da sola su un mercato per sua natura globale. E ora in rotta verso un’integrazione con Lufthansa: la prima tappa, che vedrà i tedeschi imbarcarsi su Ita con una quota del 41% tramite un aumento di capitale riservato, è stata notificata a Bruxelles per un via libera che non sarà indolore in termini di rinuncia a slot e tratte di pregio.

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