La notizia scuote le pareti del Granillo e di mezza Reggio. Dopo avere agganciato il telefono, Lillo Foti si gratta la nuca stempiata e inizia a percorrere pensoso i corridoi della sede. Stavolta farcela sembra impossibile. Servirebbe un’impresa impensabile, decisamente fuori portata per un gruppo – la sua Reggina – di giocatori che ci mettono intensità ma sono pure modesti. Meno quindici in campionato: ecco la penalizzazione inflitta per la stagione 2006-07, frutto del pantano di Calciopoli. Peccato, deve dirsi Foti stringendosi nelle spalle, avevo creato proprio un bell’arnese.
In effetti, dal 2004, Reggio si è salvata con disinvoltura sotto la guida di un allenatore giovane, illuminato, maniacale. In panchina indossa quasi sempre giacca e camicia, porta un paio di occhialetti che spesso scivolano sul naso per il sudore da ansia e sfoggia un’intricata nuvola di capelli sopra la nuca. Walter Mazzarri è già specializzato in imprese sportive improbabili, ma affrontare un campionato di Serie A con queste premesse appare anche a lui questione improba.
Tra i pali gioca Pelizzoli. Davanti a lui ci sono gli onesti Campagnolo, Aronica, Lanzaro, Alessandro Lucarelli. A centrocampo fluttuano sugli esterni Mesto e Modesto, mentre in mezzo sono pronti a duellare Giacomo Tedesco, Gazzi, Vigiani, Amerini, Biondini e Missiroli. Il duo d’attacco è solido e prolifico: l’esplosivo Rolando Bianchi e l’esperto Nicola Amoruso. A gennaio, e farà la differenza, arriverà anche Pasquale Foggia. Il modulo è un 3-5-2 mazzarriano avvolto nel brodo della sua primordiale genesi. Un gruppo di medio livello, dunque. Non abbastanza per risalire una montagna del genere.
Nel pre campionato, però, si presagisce che quella squadra potrebbe contenere al suo interno risorse inattese. Al Granillo, in una notte piovosa, arriva il Real Madrid dei Galacticos. Sul campo entrano Raul, Beckham, Van Nistelrooy e tutti gli altri fenomeni. Eppure finisce soltanto 0-1 per le merengues. La piccola Reggina di Mazzarri ha arginato le divinità del pallone. Solo un caso, ridacchia amaro qualcuno, sugli spalti. “Ma no, è un segnale“, vaticina qualcun altro.
Però si inizia male, con una sconfitta a Palermo ed una serie di risultati da montagne russe. Tuttavia, alla quinta, con un gol di Amoruso viene piegata la Roma. Trovare la continuità e una missione complessa, ma intanto arriva anche un pareggio contro la Lazio e si cominciano a vincere gli scontri diretti. Il Granillo è un catino che diffonde speranza magmatica. Nel frattempo la penalizzazione viene ridotta di quattro punti: – 11. Sempre una vetta, ma non più un Himalaya calcistico.
Nel girone di ritorno la Reggina continua a incassare successi contro le piccole, stoppa l’Inter sul pareggio e, nell’ultima di campionato, vince 2-0 in faccia al Milan che ha appena sollevato la Champions. Bianchi e Amoruso fanno 35 gol in due, sospinti dai meccanismi svizzeri di un modulo e da un’interpretazione che libera gli esterni al cross, consente di riempire l’area di rigore, induce compattezza in ogni zolla del campo.
Così si confeziona un sogno impensabile. Reggina quintultima e salva. Senza la penalizzazione sarebbe arrivata ottava. Lillo Foti che esulta in tribuna. Il Granillo sul punto di esplodere. E Walter Mazzarri che abbraccia i suoi giocatori in campo, consapevole di dovere accettare nuove sfide dopo il bagliore generato da quell’assurdo pezzo di magia.