Essere dalla parte della vita significa essere violenti. Il Municipio IX di Roma ha impegnato il consiglio di Zona a «condannare fermamente le violenze di Pro Vita & Famiglia nei confronti delle donne e delle persone non eterosessuali». La delirante mozione firmata dai consiglieri di sinistra e Pd suona stonata nei tempi e nei modi. Pochi giorni dopo l’aggressione delle militanti di Nonunadimeno alla sede all’Esquilino di Pro Vita e Famiglia, in cui la Digos ha ritrovato una molotov fortunatamente inesplosa, la sinistra anziché solidarizzare con chi ha subito l’ennesimo episodio di squadrismo spara a zero sui leader del movimento prolife Tony Brandi e Jacopo Coghe, accusandoli di «violenze e torture» per il loro no all’aborto e la proposta di far ascoltare il cuore battente alle donne che vogliono abortire. «Si giustifica la violenza sull’avversario politico. Come nella migliore tradizione, siamo alle liste di proscrizione alle quali ci avevano abituati negli anni precedenti», è il commento di Fratelli d’Italia della zona Eur.
Nella mozione ci sono dichiarazioni farneticanti a sostegno del gender e delle carriere alias nelle scuole, si arriva all’assurdo di scrivere che sia «una violenza omofobica sostenere che la famiglia naturale sia composta da un uomo e una donna», si ipotizza che la frase «i bambini non si comprano» sia una forma violenza nei confronti dei piccoli nati con la fecondazione assistita. Deliri che si commenterebbero da soli, se non fossimo precipitati in un clima da cancel culture che per titillare la comunità Lgbtq+ a caccia di voti arriva a ribaltare l’ovvio. «La grande marcia della distruzione mentale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo», era il triste presagio dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton. Grazie alla sinistra ci siamo arrivati.