Gentile Direttore, sono Jessica C.,
purtroppo una delle tante, troppe vittime di violenze domestiche. Se ne parla tanto in questi periodi, allarmante il numero delle vittime anche quest’anno. Non si può continuare così, non possiamo più vivere tranquille. Per quanto mi riguarda, ringrazio Dio per aver trovato il coraggio di chiedere aiuto a un centro antiviolenza un anno fa, tutt’ora mi seguono e cercano di aiutarmi a ritrovare la forza per ricominciare a vivere. Il vero problema per me, come per tantissime donne nella mia situazione, è il fatto di non avere alcun mezzo economico nemmeno per poter cambiare casa e voltare pagina, spesso si è costrette a vivere nella stessa casa con l’uomo che ci fa del male, anche la violenza economica e psicologica non va sottovalutata, mai. Posso dire di aver provato tante strade per trovare un lavoro vero, serio, che mi permetta di mangiare e pagare un affitto, un diritto di chiunque, poter lavorare per mantenersi. Perché una cosa apparentemente normale può essere così difficile per una donna di mezza età vittima di violenze domestiche? A chi posso rivolgermi, SERIAMENTE, per avere una concreta speranza anziché una falsa illusione di trovare lavoro? A volte la disperata ricerca di salvezza dipende da un posto di lavoro.
J.C.
Cara Jessica, sono fermamente convinto che sia così come tu dici: la salvezza dipende da un posto di lavoro, ossia dall’autonomia materiale, economica, che si traduce in indipendenza anche affettiva.
Quando una donna è vincolata al portafoglio di lui per potere campare, ella non può essere libera, bensì deve sopportare, sottostare, accettare, piegarsi. L’emancipazione del genere femminile passa necessariamente attraverso l’acquisizione della piena autonomia finanziaria. Ecco perché ciascuna donna deve puntare innanzitutto sul lavoro, sulla carriera, e soltanto dopo, se è il caso e se ha individuato un uomo degno della sua stima e del suo tempo, deve investire nella coppia, nella famiglia. Sento dire tante fesserie in questi giorni contro il maschio tossico, il patriarcato, la cultura dello stupro. Sembra che in Italia tutte le donne siano perseguitate, molestate, vittime di violenza, succubi di mariti e padri padroni, e che, di contro, tutti gli uomini siano violentatori, delinquenti, aggressivi e pericolosi. Ma questa non è la realtà, piuttosto è una sua caricatura. E con questo non nego che ancora occorra compiere importanti passi sul cammino che conduce ad una effettiva parità dei generi. Le donne studiano di più, sono più preparate, è superiore il numero delle laureate rispetto a quello dei laureati, tuttavia le ragazze faticano ancora di più nel farsi strada, forse dobbiamo abbattere una mentalità anacronistica, la quale penalizza il gentil sesso in ambito professionale. Eppure questa non è la mentalità dominante e di sicuro non si tratta di cultura dello stupro, la quale semmai è vigente lì dove le donne vengono costrette a coprirsi, vengono mutilate affinché non provino alcun piacere durante l’atto sessuale, vengono obbligate a sposarsi bambine e private del diritto allo studio e della libertà personale. Nei Paesi islamici la donna è concepita come oggetto ad uso e consumo del maschio. In Italia questo ci ripugna.
Cara Jessica, ci comunichi soltanto che sei una donna di mezza età e capisco che sia più difficile trovare lavoro in queste circostanze, non conosco i tuoi eventuali titoli e le tue competenze o esperienze, inoltre ignoro da quale luogo ci scrivi. Quindi è impossibile per me, o per i nostri lettori, poterti dare una mano a ravvisare una occupazione. Però sono certo che, rivolgendoti magari ad agenzie a ciò deputate o portando il tuo curriculum personalmente nei bar, nei negozi, nelle pizzerie, nei supermercati, ovunque insomma ci possa essere richiesta di lavoratori, non ti sarà arduo trovare un lavoro che ti consenta di mantenerti decorosamente e di dipendere soltanto da te stessa, come è giusto che sia, come meriti che sia.
Tifo per te.