“Ti faccio fare un film”. Finto regista condannato per violenza sessuale ma è libero

"Ti faccio fare un film". Finto regista condannato per violenza sessuale ma è libero

Avrebbe abusato di 12 aspiranti attrici con la promessa di lanciarle nel mondo del cinema. Un’accusa pesantissima quella contestata al 51enne Claudio Marini – noto alle cronache come il “finto regista” della Ciociaria – che quest’oggi è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Roma a 11 anni e 9 mesi di reclusione per violenza sessuale. La procura aveva chiesto per l’imputato una condanna a 9 anni.

“Ti faccio fare un film”

I fatti si sarebbero verificati tra il settembre del 2019 e il luglio del 2020. Il modus operandi di Marini era sempre lo stesso. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, sulla scorta anche delle denunce formalizzate dalle vittime, il 51enne avrebbe organizzato casting millantando di essere un affermato regista di film hard. Le aspiranti attrici rispondevano all’offerta di lavoro e dunque venivano contattate dal presunto impresario per un colloquio conoscitivo. Il primo incontro avveniva presso alcuni uffici presi in affitto dal 51enne per l’occorrenza. Seguiva poi l’appuntamento al fast-food e infine un “provino” in un appartamento ai Parioli.

Le vittime

Una volta conquistata la fiducia delle giovani attrici, Marini chiedeva loro di spogliarsi per simulare la scena di un film inesistente: il pretesto per abusare della vittima. Nella rete del finto regista sarebbero finite 12 donne di età compresa tra i 20 e i 30. Il 51enne era stato arrestato dai carabinieri nell’agosto del 2020 ma poi, come ben precisa il quotidiano Libero.it, è tornato in libertà durante il processo per scadenza dei termini processuali. Oggi è arrivata la condanna per violenza sessuale a 11 anni e 9 mesi di reclusione.

L’appello dell’associazione “Differenza Donna”

Questa sentenza rappresenta una nuova era, l’era del ‘Me Too’ italiano, un movimento che parte dalla forza delle donne del mondo dello spettacolo, dalla loro consapevolezza dei loro diritti negati“, commentano la sentenza inflitta al 51enne gli avvocati Teresa Manente e Marta Cigna di Differenza Donna, l’associazione che tutela e assiste le donne vittime di violenza. “La nostra associazione si è costituita parte civile e insieme all’associazione Amleta lotta per svelare la gravità e la diffusione di molestie e violenza sessuale in questo contesto dove permangono stereotipi e pregiudizi sessisti. Vogliamo dire a tutte le giovani donne attrici o aspiranti attrici – concludono Manente e Cigna – che è reato chi viola la nostra libertà di autodeterminazione e sessuale e chi sfrutta il proprio potere per indurci a subire e a tacere“.

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