Il Brasile ha rafforzato la sua presenza militare al confine con il Venezuela e la Guyana. Motivo? La crisi innescata da un referendum proclamato dal dittatore Nicolás Maduro per annettersi l’Esequibo, un territorio che appartiene alla Guyana. Il voto scontato si terrà dopodomani a Caracas mentre il Venezuela ha già mobilitato un ingente quantitativo di soldati e alcuni funzionari brasiliani ritengono che Maduro potrebbe annettere l’Esequibo, regione rivendicata dalla dittatura venezuelana che rappresenta il 65 per cento della Guyana ma, soprattutto, è ricchissima di petrolio e minerali rari. «Il nostro ministero della Difesa sta monitorando la situazione», ha fatto sapere Brasilia e, secondo la Folha de São Paulo, il ministero degli Esteri verde-oro è assai preoccupato.
Sia chiaro, fino al 2015 quando la compagnia petrolifera Exxon Mobil annunciò di aver trovato enormi riserve di petrolio sulle coste dell’Esequibo, Maduro non aveva mai mostrato interesse per annettersi questo territorio. Anzi, la rivendicazione da perseguire nelle opportune sedi internazionali era all’epoca un cavallo di battaglia soprattutto dell’opposizione democratica.
Con l’estrazione petrolifera, il Pil della Guyana è però esploso – tra 2021 e 2022 secondo la Banca Mondiale è aumentato del 63 per cento – e Georgetown ha lanciato nel dicembre del 2022 14 gare di appalto per altrettanti nuovi giacimenti.
Da allora tutto è precipitato e Maduro ha iniziato ad attaccare ogni giorno in tv «il neocolonialismo degli yankee (gli Stati Uniti, nda)» mentre l’Onu usciva dal suo letargo e chiedeva finalmente alla Corte Internazionale di Giustizia di risolvere una disputa territoriale iniziata 57 anni fa, quando l’ex Guyana britannica conquistò l’indipendenza Troppo tardi. Caracas ha infatti già detto che non accetterà il verdetto della Corte dell’Aja, che oggi dovrebbe pronunciarsi sulla legittimità del referendum di dopodomani, anche se è quasi certo che Maduro voglia solo distogliere l’attenzione dei venezuelani dal disastro economico, sociale e politico provocato dal suo folle decennio al potere.
Se invece il delfino di Chávez propendere per un’azione militare contro un paese che ha solo sei blindati leggeri, avrebbe gioco facile ed il rischio dell’escalation colpirebbe anche il Brasile, nonostante Lula e Maduro siano ideologicamente «fratelli». Il presidente brasiliano è infatti «uno strenuo difensore della dittatura di Maduro che lui considera un regime democratico» scriveva ieri la Folha de São Paulo e un’invasione dell’Esequibo sarebbe un problema per Lula.
Oltre che l’ennesimo fallimento della sua diplomazia improntata sul relativismo, secondo il quale paese invasore e paese invaso hanno pari responsabilità. Basti pensare alla sua posizione sulla guerra di Putin in Ucraina. Per la cronaca, in caso di invasione la Guyana ha solo 3.400 uomini per difendersi, quasi tutti poliziotti, mentre il Venezuela può mobilitare in 24 ore 123mila soldati bene armati grazie alle forniture belliche di Russia, Cina ed Iran.