Vincere nello sport è sempre un’emozione potente, ma come la mettiamo con il trofeo che poi devi sollevare? Spesso enormi, a volte iconici, altre ancora alquanto strambi, i premi assegnati ai trionfatori di una qualsiasi disciplina sportiva racchiudono quasi sempre una storia personale che merita di essere tramandata. Noi ci proviamo qui, facendo una sintesi che include sacro e profano, tra il fulgore di una Champions e il gusto trash di un teschio di coccodrillo. Cominciamo, allora.
Le grandi orecchie della Champions
Partiamo dal trofeo più celebre e ambito tra le squadre di club, nel calcio. Il trofeo originale, assegnato fino al 1965/66, è premuto nella bacheca del Real Madrid. Quel design con i manici larghi, che assomigliano ad orecchie sporgenti, si deve al gioielliere svizzero Jörg Stadelman, che lo concepì nel 1967. Il primo modello venne realizzato a Berna e servirono addirittura 340 ore di lavoro. All’epoca il trofeo costava 10mila franchi e la prima squadra ad aggiudicarselo fu il Celtic Glasgow. Anche la versione precedente presentava delle “orecchie”, ma Stadelman decise di enfatizzare notevolmente questo carattere, oltre ad accrescerne le dimensioni. Facendola diventare, così, una coppa iconica.
L’insalatiera: la Coppa Davis
La conosciamo bene perché una settimana fa l’hanno sollevata al cielo Sinner e compagni: la Coppa Davis è un trofeo estremamente ambito e intriso di una storia affascinante. Inventata nel 1900, deve il suo nome a Dwight Davis, ottimo doppista che studiava e si allenava ad Harvard. L’inglese Rhodes la realizzò dandole la forma di una coppa ampia, come una ciotola, così come usava al tempo. I motivi floreali che riporta, uniti alla singolare forma, hanno contribuito a creare il nome di “insalatiera”.
Il trofeo golfistico fatto a teschio di coccodrillo
Qui si passa decisamente dal sacro al profano. In questo saliscendi di premiazioni tocchiamo il golf e, segnatamente, in trofeo non molto noto, ma che nel tempo ha acquisito eco mediatica grazie alla sua forma singolare. Nel Northern Territory Pga Championship, che si disputa tra l’Australia e la Nuova Zelanda, i vincitori ricevono in premio un teschio di coccodrillo a grandezza naturale, con una pallina da golf incastrata tra i denti.
Mettiamoci una pietra: il pesante premio della Parigi-Roubaix
Trofei di un certo peso. Passiamo al ciclismo, per concentrarci sul premio che viene assegnato – dal 1977 – al vincitore della mitica corsa Parigi-Roubaix: un pezzo di porfido direttamente staccato dal selciato del percorso, a memoria delle insidie trovate dai corridori lungo la tratta. Incastonato su un piedistallo, risulta poi tutt’altro agile da sollevare.
La renna della Lapponia messa in palio in Finlandia
Non solo trofei composti di leghe metalliche. In Finlandia, ad esempio, hanno fatto una scelta differente e decisamente più complessa da gestire. A Levi, infatti, il comitato organizzatore degli slalom di Coppa del Mondo di sci mette in palio una renna della Lapponia, da assegnare direttamente al vincitore. Piccola avvertenza: necessario avere una casa con giardino molto grande, neve perenne e temperature sotto glaciali.
Il cucchiaio di legno del Sei Nazioni
Quante volte, purtroppo, se l’è aggiudicato l’Italrugby. Anche se, in tempi più recenti, la musica pare essere cambiata. Ad ogni modo il “cucchiaio di legno” che viene simbolicamente assegnato all’ultima classificata nel Sei Nazioni esprime una tradizione antica. Deriva, infatti, dal Wooden Spoon che veniva assegnato nella prestigiosa università di Cambridge agli studenti con i voti più bassi.
La Coppa (di Jules) Rimet
Fu il primo trofeo ad essere assegnato per i mondiali di calcio, su diretto impulso – venato di megalomania – dell’avvocato francese Jules Rimet, presidente della Fifa. La commissionò all’orafo francese Albert LaFleur e, inizialmente, venne stabilito che la coppa dovesse chiamarsi Victory, in riferimento alla sua forma, quella di una seducente vittoria alata composta da 1kg e 800 grammi d’oro e d’argento. Durò poco però, perché nel 1946 venne ribattezzata “Coppa Rimet”: Jules se la suonava e se la cantava.