Il secolo di Kissinger: l’uomo che ha fatto la storia del Novecento

Il secolo di Kissinger: l'uomo che ha fatto la storia del Novecento

A 100 anni compiuti, nel luglio scorso, era andato in Cina accolto con gli onori di un capo di Stato. Da non molto aveva pubblicato l’ultimo dei suoi 21 libri, dedicato all’Intelligenza Artificiale e alle sfide del prossimo secolo. Basterebbe questo per fare di Henry Kissinger una personalità straordinaria. E straordinario lo è stato davvero: se si guarda solo agli Stati Uniti ha fatto da consigliere a 12 presidenti, più di un quarto dei leader che hanno abitato la Casa Bianca, visto che Joe Biden è il numero 46. Quanto all’amata Cina, Kissinger è l’unico uomo politico ad aver incontrato e trattato con tutti i leader della Repubblica Popolare, da Mao a Xi Jinping.

Una vicenda unica la sua: quella del modesto immigrato, laureato in un’università scelta solo perché gratuita, diventato professore di scienze politiche ad Harvard e poi, per almeno sei decenni, tessitore dei fili della politica mondiale. Una figura di studioso-politico celebrata per la leggendaria capacità di conciliare interessi a prima vista confliggenti, ma anche detestato per quello che i suoi detrattori hanno spesso definito con l’espressione «realismo amorale».

Heinz Albert, questo il vero nome, era nato nel 1923 a Fürth in Baviera, da una famiglia di sane tradizioni ebraiche; il padre era un professore di storia e geografia che arrivato in America appena prima della Notte dei cristalli (Henry aveva 15 anni) si riciclò come contabile, senza mai adattarsi davvero al nuovo Paese. Del periodo in Germania il giovane Kissinger conservò l’amore per il calcio e per la squadra della sua città (spesso condivideva i pomeriggi allo stadio con l’amico Gianni Agnelli) ma dimenticò ogni interesse pubblico per la religione.

Brillante docente, beniamino di stampa e tv, si lega negli anni Sessanta a Nelson Rockefeller, miliardario ed esponente in vista del partito repubblicano («intuito politico di prima qualità», diceva di lui Kissinger, «ma intelligenza di terza»). Con Nixon diventa consulente per la sicurezza nazionale e Segretario di Stato. La sua diplomazia del ping-pong con la Cina è preliminare agli accordi di pace in Vietnam che gli valgono il Premio Nobel. È anche l’artefice del primo accordo nucleare con l’Unione Sovietica. Allo stesso tempo, mentre è impegnato ad abbassare i toni della Guerra fredda, nasce la sua «leggenda nera». Gli viene rimproverato il via libera alla Cia per il colpo di Stato in Cile, la frase con cui autorizza i bombardamenti a tappeto in Laos e Cambogia («bombardate tutto quello che vola, bombardate tutto quello che si muove»). Prima di sposarsi nel 1974 in seconde nozze con la donna con cui rimarrà fino alla morte, diventa uno dei protagonisti della bella vita di Washington legandosi ad attrici e ricche ereditiere. «Il potere è il miglior afrodisiaco», è un’altra delle frasi famose che gli vengono attribuite.

Con la fine della presidenza Ford e l’arrivo al potere dei democratici di Jimmy Carter, nel 1976, lascia la Casa Bianca. Ma la sua influenza non sembra diminuire. La società di consulenza subito fondata, la Kissinger Associates, famosa per gli onorari «stratosferici», resta fino all’ultimo uno snodo importante della politica internazionale. E c’è chi attribuisce anche alla sua mediazione il recente disgelo tra Cina e Usa. Uno dei suoi ultimi impegni pubblici, l’estate scorsa, fu l’incontro con la nuova premier italiana, Giorgia Meloni. Qualche decennio prima aveva incontrato per un’intervista un’altra donna in arrivo della Penisola: Oriana Fallaci. Lei, famosa per la combattività, lo brutalizza. Lui più tardi si lamenterà: «È stata la conversazione più disastrosa che ho mai avuto con un giornalista».

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