Caro Giuseppe,
ti dici «agnostico e indifferente a tutto il trascendente», come pure descrivi tuo zio, ci tieni addirittura a puntualizzarlo, eppure dalle tue parole trapelano un gran desiderio e un gran bisogno di credere e ti appelli a me, e di questa fiducia nonché di questa stima ti sono profondamente grato, quasi per avere una sorta di autorizzazione che ti consenta di lasciarti andare a questa brama di confidare in quel trascendente di cui parli. Hai già la risposta dentro di te e l’hai sempre avuta, soltanto che hai scelto di impostare la tua vita in una certa maniera, basando tutto sulla razionalità: esiste quello che può essere provato, quello che può essere spiegato, quello che io stesso vedo con i miei occhi e che io stesso tocco con le mie mani. È quello che ho fatto anche io, caro Giuseppe, per poi accorgermi che esiste pure altro, ossia quello che non vedo, quello che non sento, quello che non posso provare, quello che è inspiegabile. E se prima rigettavo questo pensiero, deridendo chi compiva discorsi di tale genere, adesso ascolto con curiosità e interesse quegli stessi discorsi e, come te, sento questo bisogno di credere che ci sia qualcosa che ci supera e che i nostri limiti umani e mortali non ci permettono di cogliere pienamente. Forse mi sta accadendo questo per via della mia veneranda età. Non lo so, so soltanto che non posso negare di essere rimasto colpito dal tuo racconto, che in effetti ricorda molto quello che è successo a me, quel mattino, all’alba, quando, destatomi da un sogno, ho udito tangibilmente la voce della mia amica Oriana, rauca a causa del fumo, inconfondibile, la quale pronunciava il mio nome, con insistenza, come se volesse la mia attenzione. E nel sogno che avevo appena fatto c’era lei, che desiderava comunicarmi qualcosa. Non ho voluto ascoltare. Lo ammetto: ho avuto paura. Non di Oriana, ma di quel trascendente, di quell’ignoto, che spaventa l’essere umano, quell’imponderabile davanti al quale proviamo tutti sgomento e vertigine. Non sono stato abbastanza ricettivo, non ero pronto. Ancora a volte mi domando cosa volesse dirmi Oriana. Non era la tipa che si disturba o ti disturba per un semplice saluto. Forse avrebbe voluto ringraziarmi, o raccontarmi cosa c’è al di là, forse invitarmi a non essere tanto scettico, quindi a credere.
Forse, sebbene mi sia rifiutato di ascoltare, ci è riuscita comunque.