Avrebbe imposto alla giovane compagna lo stile di vita della sua famiglia, anche a suon di insulti, minacce e botte. Violenze che non si sarebbero attenuate nemmeno durante la gravidanza della donna, a quanto sembra. E nelle scorse ore, è stato condannato in primo grado a 4 anni di reclusione per maltrattamenti, minacce e lesioni ai danni della compagna di 28 anni. Protagonista della vicenda in questione, che arriva da Falconara Marittima (una cittadina di circa 25mila abitanti situata in provincia di Ancona) è un uomo di 26 anni di origini rom. Quest’ultimo era stato accusato, insieme ai suoceri della vittima, di lesioni aggravate, maltrattamenti aggravati in famiglia, stalking e minacce. A processo sono quindi finiti anche i genitori del ventiseienne, anche se sono stati assolti perché il fatto non sussiste.
Stando a quanto riporta la testata online AnconaToday, gli episodi contestati si sarebbero concretizzati nel giro di due anni, fra il 2019 e il 2020. Il periodo in cui la ventottenne si sarebbe trasferita a convivere con il compagno e i suoceri, in buona sostanza. E a suo dire, a quel punto sarebbe iniziato l’incubo: la donna avrebbe puntato il dito in primis contro il partner, il quale avrebbe mostrato un atteggiamento violento e prevaricatore nei suoi confronti. “Sono io l’uomo, comando io – una delle frasi minacciose che le avrebbe rivolto, stando a quanto dichiarato agli inquirenti – tu stai zitta, se no sai come va a finire: parli quando te lo dico io, non decidi tu, sei falsa”. In altre occasioni, il ventottenne rom sarebbe passato direttamente dalle parole ai fatti, mettendo le mani addosso alla compagna. Quando la donna era incinta di tre mesi, il compagno l’avrebbe ad esempio schiaffeggiata più volte fino a farla cadere a terra.
Inoltre i genitori di lui, sempre stando al racconto della giovane, le avrebbero spesso impedito di stare insieme al bambino, se non nel momento dell’allattamento. E anche il cellulare sarebbe stato costantemente controllato ed ispezionato dai suoceri. Una situazione che si sarebbe quindi protratta per un biennio, fino a quando la ventottenne non ha deciso di denunciare quel che stava subendo e di troncare la relazione con l’uomo. Quest’ultimo, dal canto suo, ha sempre negato ogni addebito. Una versione, quella della vittima, che il giudice ha tuttavia reputato verosimile, obbligando l’impuato a versare anche un risarcimento di 15mila euro all’ormai ex-compagna e uno di 8mila al figlio, entrambi costituitisi parte civile nel corso del procedimento.