Menomale che la cancellazione del reddito di cittadinanza avrebbe dovuto provocare delle “bombe sociali” senza precedenti, con tanto di sconquassamento totale dell’economia italiana. A tre mesi dalla riforma complessiva di quel provvedimento, entrato in vigore quasi cinque anni fa per volere dei Cinque Stelle, i freschi dati ufficiali che giungono dall’Istat rappresentano una realtà molto diversa da quella dipinta dalle opposizioni. Nel mese di ottobre del 2023, infatti, si registra un aumento dell’occupazione di 27 mila unità (+0,1%, ora è al 61,8%) che è diffuso tra uomini, donne, dipendenti permanenti e in tutte le classi d’età, tranne i 35-49enni che risultano sostanzialmente stabili. Non solo, ma quello che salta più all’occhio da questo punto di vista è che c’è anche una crescita del numero di persone in cerca di lavoro (+2,3 per cento, pari a +45 mila unità).
Che cosa significa tutto questo? Che la riforma del reddito di cittadinanza, iniziata a settembre, ha già dato i suoi frutti: togliendo infatti il Rdc a coloro che hanno tutte le possibilità di cercarsi un lavoro o nel cui nucleo familiare non ci sono persone con disabilità, minorenni o persone con almeno 65 anni di età, questi sono stati spinti a immergersi pienamente nel mercato del lavoro non avendo più il sussidio grillino su cui potere contare. Quello che ci indica l’Istat è che la riforma sociale che sta portando avanti il governo Meloni ha già sortito diversi effetti positivi sull’occupazione in Italia e non è stata assolutamente un flop come gran parte della sinistra in realtà sperava. Senza, poi, allo stesso dimenticare come – a dimostrazione dell’azione del governo in questi mesi – l’Istituto Nazionale di Statistica registri nel nostro Paese anche un calo dell’inflazione su base mensile (-0,4%) per un aumento di 0,8% su base annua (minimo dal marzo 2021). E chissà se, all’opposizione, chi dava la colpa al governo dell’aumento in passato ora ne riconoscerà i meriti per questa importantissima inversione di marcia.
Del resto l’esecutivo del centrodestra era stato molto chiaro sotto questo punto di vista: già annunciato in maniera chiara nel corso della campagna elettorale nell’estate del 2022, era stata la stessa Giorgia Meloni a indicare un anno esatto fa quale sarebbe stato l’iter della progressiva cancellazione del reddito. Entro i primi nove mesi di quest’anno solare ci sarebbe stato un primo importante step della riforma: e in effetti lo scorso primo settembre è entrato in vigore la nuova misura – chiamata Supporto per la formazione e il lavoro – alla quale possono accedere proprio quei nuclei familiari (ma non tutti) che avevano appena perso il diritto al reddito di cittadinanza. Un provvedimento – come spiegato in Parlamento dal ministro del Lavoro, Maria Calderone, che riconosce un bonus di 350 euro ma (a differenza del Rdc) solamente dopo avere sottoscritto il patto di servizio personalizzato con il centro per l’impiego e aver dato avvio alle attività di formazione e orientamento al lavoro previste dal programma. Non è quindi un caso che questo supporto sia stato fortemente di impulso per tutti coloro che per anni avevano continuato a percepire passivamente il reddito pur avendo la possibilità di svolgere una professione.
Dal primo gennaio 2024 entrerà poi in vigore l’Assegno di inclusione: potrà essere richiesto dai nuclei famigliari nei quali ci sono disabili, minorenni oppure over 60 e ammonta a 500 euro al mese (6mila euro l’anno) a cui si possono aggiungere altri 280 euro al mese (3.360 euro l’anno) come contributo per l’affitto, purché esista un contratto regolare. Si tratta così di un aiuto pubblico pari al massimo a 9.360 euro annui. Chi percepirà l’Assegno di inclusione e sarà abile al lavoro dovrà osservare paletti stringenti per non perdere il diritto al beneficio, tra questi: accettare in tutta Italia un impiego a tempo indeterminato o della durata di oltre 12 mesi, accettare un lavoro a tempo pieno o a tempo parziale almeno al 60% del tempo pieno e accettare un impiego la cui retribuzione rispetta i criteri dei contratti collettivi. Oggi l’Istat ci dice che il numero degli occupati si attesta a 23milioni 694 mila e registra, rispetto a ottobre 2022, un aumento di 455 mila dipendenti permanenti e di 66 mila autonomi. Rispetto a ottobre 2022, cresce anche il numero di persone in cerca di lavoro e cala il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni. Sarà un caso, ma il mese e l’anno preso come riferimento è proprio quello in cui è entrato in carica il governo Meloni. I risultati, quindi, sono sotto gli occhi di tutti.
Altro che nostalgia per il reddito di cittadinanza.