Con il segretario di Stato Antony Blinken gli Stati Uniti sono tra i più attivi nello sforzo diplomatico per risolvere la guerra tra Israele e Hamas. Ma, nonostante questo, per gli Usa non è ancora il “momento per un cessate il fuoco permanente” a Gaza. Come ha spiegato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, “vogliamo che la tregua si allunghi all’ottavo, nono giorno, ma non è il momento per un cessate il fuoco permanente”. L’auspicio dell’amministrazione americana coincide, tra l’altro, con le intenzioni del governo israeliano, già espresse in più di un’occasione. La guerra, quindi, ripartirà a breve. L’obiettuivo era e resta sempre quello: sradicare Hamas.
Del resto che Hamas resti una minaccia ancora molto forte è dimostrato da ciò che è avvenuto stamani a Gerusalemme, con un attentato a colpi di arma da fuoco costato la vita e tre persone. Attacco prontamente rivendicato da Hamas. “È un altro esempio della minaccia che rappresenta Hamas”, ha detto Kirby.
Intanto prosegue, sul campo, la paziente tessitura diplomatica di Blinken. Dopo i suoi colloqui oggi con il governo israeliano il capo della politica estera di Washington ha detto che gli Stati Uniti sono stati chiari nel dire a Israele che prima di riprendere l’operazione militare nel sud di Gaza è necessario che ci sia “un chiaro piano per proteggere i civili e il governo israeliano ha accettato questo approccio”. Ferma la posizione americana: “Non si può avere la massiccia perdita di vite che abbiamo avuto a nord”. E ancora: “Israele comprende l’imperativo di proteggere i civili”, ha osservato il segretario di Stato, ammettendo però che ciò è difficile dato che Hamas, com’è stato ampiamente dimostrato, “si nasconde tra i civili”. Blinken però ha sottolineato che Israele dispone di “uno degli eserciti più sofisticati” e comprende che proteggere i civili “non solo è la cosa giusta” ma anche “più strategica da fare”. Non una prova di debolezza, quindi, ma la strategia migliore da seguire, per non alimentare ulteriormente l’odio.
Se i politici fanno il loro mestiere, lo stesso fanno i militari. Il portavoce delle Forze armate israeliane, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha fatto sapere che l’esercito è pronto a riprendere i combattimenti nella Striscia di Gaza nel caso in cui l’accordo di cessate il fuoco con Hamas non verrà rinnovato per un altro giorno. “Anche i mediatori, Qatar ed Egitto, sono obbligati a portare avanti l’accordo, affinché il cessate il fuoco possa continuare”, osserva Hagari. “L’IDF è pronto a riprendere i combattimenti. Siamo pronti ad attaccare a qualsiasi ora, anche stasera”.
Nel corso del faccia a faccia con Blinken il premier israeliano Netanyahu ha ribadito, con fermezza, di non volere che l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp ) governi Gaza.”Fino a quando sarò seduto su questa sedia, l’Autorità Palestinese che sostiene , finanzia ed educa al terrorismo, non governerà Gaza dopo Hamas”. Il segretario di Stato Usa ha risposto così: “Non volete l’Autorità Palestinese il giorno dopo. Lo capiamo. Ma il miglior modo di scartare un’idea è proporne una migliore. Gli altri stati della regione devono sapere cosa prevedete”. L’insistente richiesta americana è di trovare, per Gaza, una soluzione post conflitto.
È il compito della politica e della diplomazia. Anche se gli israeliani sono ancora con il fiato sospeso per la sorte di numerosi ostaggi tuttora in mano ad Hamas. Netanyahu è tornato a promettere che il suo governo farà di tutto per liberarli: “Continueremo a combattere finché non riporteremo a casa tutti i nostri ostaggi”. I familiari sperano che sia vero.