“Ritirava le ricette mediche per Messina Denaro”. È stato condannato il primo fiancheggiatore del boss morto lo scorso 25 settembre. Ad Andrea Bonafede, dipendente comunale di Campobello di Mazara, omonimo di quello che aveva prestato la sua identità al super latitante, sono stati inflitti 6 anni e 8 mesi di reclusione con l’abbreviato. Era stato arrestato lo scorso 7 febbraio e si era difeso sostenendo di aver fatto “una cortesia” al suo parente. Bonafede, infatti, si è sempre difeso sostenendo di non sapere che il reale paziente fosse il padrino ma di essere convinto che ad avere il tumore fosse il cugino che voleva però tenere riservata la patologia. Il gup di Palermo non ha creduto alla tesi difensiva e ha ritenuto Andrea Bonafede, uno dei fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro. Secondo il Procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti procuratori Pierangelo Padova e Gianluca De Leo, Bonafede si sarebbe occupato delle ricette mediche per il capomafia durante la sua latitanza per le cure oncologiche. La Procura aveva chiesto una condanna a 13 anni.
Secondo l’accusa il sistema messo in atto dai fiancheggiatori avrebbe permesso a Messina Denaro di farsi prescrivere e di ritirare le ricette mediche per garantirgli le cure e così, permettere al boss di accedere alle cure del Servizio sanitario nazionale. L’accusa in aula era sostenuta dai pm Piero Padova e Gianluca de Leo. Bonafede è accusato di aver fatto da intermediario tra il boss allora latitante e il medico Alfonso Tumbarello nel periodo in cui il capomafia era in cura per il cancro al colon che poi l’ha ucciso. L’imputato faceva avere a Messina Denaro le ricette intestate al geometra e le prescrizioni firmate da Tumbarello necessarie alle terapie.
In queste lunghi mesi, dall’arresto lo scorso 16 gennaio, fino ad oggi il cuore delle indagini si è concentrato su chi in questi trent’anni ha coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro, su chi sapeva tutto sulla sua permanenza a Campobello di Mazara e ha taciuto, su chi non ha mai denunciato pur sospettando – o sapendo – della presenza del feroce criminale di Cosa Nostra. Secondo le indagini sarebbe stato proprio Alfonso Tumbarello a firmare le ricette e le prescrizioni mediche utilizzate dal boss per sottoporsi alle cure per la patologia tumorale da cui è affetto. I pm lo avevano iscritto nel registro degli indagati fin dal 17 gennaio, il giorno dopo l’arresto del capomafia di Castelvetrano. Nelle settimane scorse lo studio del medico è stato perquisito e il medico era già stato sentito dagli investigatori.