Solo libertà, democrazia e diritti, i «valori fondanti», possono salvare l’Europa che si trova ormai di fronte a un bivio esistenziale: rafforzare l’integrazione o morire. È un Mario Draghi «preoccupato» per il destino del nostro continente quello che torna nella capitale dopo un anno di assoluta distanza dalla politica, in occasione della presentazione del libro del giornalista Aldo Cazzullo «Quando eravamo padroni del mondo», dedicato all’antica Roma. Un ritorno sobrio nelle parole, quello dell’ex presidente del Consiglio, ma mozzafiato per la location, che lo ha riportato nel cuore della capitale: la chiesa di Sant’Ignazio, dove Draghi è stato fatto accomodare su una poltrona ai piedi dell’altare barocco.
A due passi dai palazzi del potere, sollecitato da Cazzullo, l’ex presidente della Bce è stato invitato a parlare di politica, ma solo di quella europea. Non una parola dall’ex premier sul governo Meloni, il Pnrr e i tanti temi sui quali la gente avrebbe voluto sentire un suo giudizio. Da poco la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, gli ha assegnato l’incarico di delineare una strategia sul futuro della competitività europea. Compito evidentemente non facile agli occhi dello stesso Draghi, che legge questa fase con crudo realismo: è in atto una «paralisi decisionale» ed è evidente che «questo per l’Europa è un momento critico. Speriamo che ci tengano insieme quei valori fondanti che ci hanno messo insieme», spiega alle circa 500 persone corse ad ascoltarlo. C’è tanto da fare perché «il modello di crescita si è dissolto e bisogna reinventarsi un modo di crescere», dice ancora spiegando che l’unica strada è quella di «diventare Stato». Non parla mai di sovranismo, solo un accenno alle elezioni europee, ma è chiaro per Draghi che il voto di giugno sarà uno spartiacque tra passato e futuro. «Il mercato europeo – insiste – è troppo piccolo, ci sono tanti mercati e quindi le piccole imprese che nascono in Europa, appena crescono, o vendono o vanno negli Stati Uniti». Ecco quindi che l’ex premier snocciola una serie di problemi da affrontare: «Servono fondi europei che finanzino la Difesa e la lotta al cambiamento climatico. Serve poi una politica estera coordinata; bisogna pensare a una maggiore integrazione politica, a un vero Parlamento d’Europa». Ma soprattutto «iniziare a pensare che siamo italiani ed europei». Solo alla fine Draghi si concede una battuta strappando un sorriso ai presenti: «Il mio, con la squadra della Roma, è il rapporto di un tifoso che non va allo stadio da 30-40 anni. Da giovane andavo, vinceva sempre una certa squadra di Torino che non voglio neanche…».