La Storia ci insegna come spesso, durante tempi duri e travagliati, la necessità e l’ingegno si trovino ad andare a braccetto per far fronte alle situazioni più impegnative e trovando a volte insperate soluzioni.
Questo principio vale sicuramente per le abitudini alimentari di un popolo, condizionandone non solo la dieta ma anche la cucina, la gastronomia e le ricette tradizionali.
La cucina italiana è una di quelle che più di tutte ha saputo affrontare sfide e difficoltà nel corso dei secoli, uscendone sempre non solamente con dignità ma addirittura a testa alta.
Siccome la Storia è fatta di corsi e ricorsi che ciclicamente si ripropongono nelle epoche, ancora una volta le pentole e le tavole degli italiani si trovano condizionate da accadimenti e stravolgimenti storici di portata planetaria che però stimolano la naturale inclinazione italica ad adattarsi alla nuova situazione.
È quanto spunta dall’ultimo studio di Coldiretti/Censis “La Guerra in Tavola” da cui si evince come oltre un italiano su tre arrivi a cambiare il proprio menù quotidiano adottando strategia di spesa volte al risparmio e soluzioni antispreco per barcamenarsi alla meglio in questo periodo di crisi e ristrettezze.
Anni di pandemia e chiusure forzate, una nuova grande guerra sul suolo europeo e crisi energetiche senza precedenti hanno influito non poco sul portafogli degli italiani e hanno portato i prezzi dei generi alimentari alle stelle.
In soccorso di un carovita ormai quasi insostenibile è arrivata però una soluzione proveniente dal nostro lontano passato ovvero i piatti “poveri” tipici della nostra cucina tradizionale.
Perché la nostra tradizionali gastronomica si è plasmata proprio durante periodi particolarmente critici per il nostro Paese, riuscendo a compiere veri miracoli, a trasmutare “il piombo in oro” usando un’espressione cara agli alchimisti.
La nostra cucina comincia a prendere forma dopo i fasti del Secolo d’Oro, il ‘500, quando l’Italia da territorio ricco e prospero al centro delle vicende mediterranee si trova catapultato nel XVII secolo ritrovandosi decentrato politicamente ed economicamente dalla grande scena mondiale ormai focalizzata sull’Atlantico e funestato da continue guerre, pestilenze e carestie.
Furono anni terribili per i nostri antenati che dovettero per forza di cosa arrangiarsi con grande spirito di adattamento, anche in cucina.
Nacquero quindi ricette con ingredienti umili ed economici, riutilizzando gli avanzi, non si poteva sprecare nulla ma grazie all’ingegnosità di chi si cimentava tra i fornelli ne saltarono fuori delle vere squisitezza.
Anche ora, in questo periodo non proprio roseo, ritorna così la propensione a ricercare i vecchi piatti poveri nel costo ma ricchissimi nel gusto, come la ribollita toscana, i canederli trentini, la frittata di pasta nel meridione, l’acquacotta, le zuppe di pane e molto altro ancora.
Tutte pietanze tramandate di generazione in generazione e che ora rappresentano il cuore di quella cucina italiana candidata al riconoscimento UNESCO, che ora più che mai non rappresenta solo una raccolta di gustose ricette amate in tutto il mondo ma soprattutto la capacità tutta italiana di affrontare le sfide del presente e del futuro.