Fuorionda di Guardì, il caso esplode in Rai: avviata un’indagine interna

Fuorionda di Guardì, il caso esplode in Rai: avviata un'indagine interna

I Fatti Vostri” diventano di tutti, fomentati dall’onda anti-patriarcato degli ultimi tempi. In Rai scoppia il caso dei fuorionda rubati a Michele Guardì, storico autore e regista di popolari trasmissioni televisive. Nei documenti audio in questione si odono pesanti epiteti rivolti dal professionista a collaboratori, artisti e figuranti: si tratta di vecchie registrazioni recentemente riportate in auge da Le Iene di Italia1 e diventate motivo di polemica. “Sono cose di 14 anni fa e nessuno allora si lamentò di quello successe. Hanno riso tutti, nessuno si è ribellato“, ha prontamente minimizzato Guardì, respingendo ogni accusa e derubricando gli episodi a sfoghi di concitazione circoscritti. Ma ora, a distanza di tempo, l’emittente di Viale Mazzini ha deciso di approfondire la vicenda.

La Rai apre un audit

A quanto si apprende, la Rai già nella giornata di ieri aveva disposto l’apertura di un audit interno sui fatti contestati al regista siciliano e l’avvio di tutte le procedure aziendali previste. Uscendo dal perimetro catodico, il caso ha mobilitato anche la politica, dalla quale sono arrivate richieste di accertamenti. A invocare valutazioni e verifiche era stata innanzitutto la consigliera d’amministrazioen Rai Francesca Bria (considerata in quota Pd), che ai vertici aziendali aveva chiesto per l’appunto “accertamenti di competenza e, all’esito, tutte le sanzioni previste a tutela anche dell’immagine aziendale“.

Le reazioni politiche

Analoga la reazione della presidente della commissione parlamentare di Vigilanza, Barbara Floridia. “Chiedo alla Rai di prendere posizione rispetto a quanto emerso su Michele Guardì. Le sue frasi irriguardose, in qualunque momento siano state pronunciate, sono incompatibili con il servizio pubblico, e l’azienda ha il dovere di intervenire pubblicamente tanto più in un momento in cui il dibattito sul linguaggio d’odio e sul contrasto alla cultura sessista, misogina e omotransfobica attraversa in maniera così decisiva il Paese“, ha affermato l’esponente pentastellata. E ancora: “Non ha senso avere un contratto di servizio con previsioni molto specifiche e importanti su questo fronte, se poi non si agisce di conseguenza. Mi aspetto una verifica puntuale da parte dell’azienda sul rispetto del contratto, del codice etico e di ogni altro aspetto che riguarda questa vicenda“.

Gli audio della polemica

Nei vecchi audio incriminati, Guardì si rivolgeva a collaboratori e artisti lasciandosi andare a espressioni a dir poco colorite. “Signorina sorrida, finga di esistere“, diceva ad esempio a una ragazza in scena. O ancora: “Guarda quella deficiente là“. Poi, altri epiteti ed espressioni forti: “Ma levalo, sto fr… di m…“. “In 5.600 puntate si possono dire cose inopportune nella certezza di non essere ascoltati e me ne scuso“, aveva replicato lui. Ma l’ondata polemica non si è fermata. Anzi. Le Iene, nel loro servizio, avevano anche sollevato il caso di un autista contrattualizzato Rai che – secondo il programma – Guardì adopererebbe per spostamenti personali.

La replica del regista

Sul punto, il regista siciliano aveva replicato quanto segue in una lettera inviata al sito Dagospia: “Quanto ha fatto emergere il programma Le Iene, nella trasmissione di martedì scorso, a proposito di un mio collaboratore impropriamente definito autista devo precisare che si tratta di un assistente che lavora con me con regolare contratto dal 2010 anno in cui ho messo in scena il musical sui Promessi Sposi. Successivamente, dato il rapporto di fiducia, gli ho chiesto di collaborare con me anche alla realizzazione di rubriche tv, che seguivo io personalmente per il programma I Fatti Vostri. Si è reso perciò necessario anche un altro contratto di consulente e non di dipendente proprio per I Fatti Vostri, contratto che gli ha consentito e gli consente di lavorare dentro una redazione Rai“. E ancora: “Si tratta dunque di due contratti distinti, uno dei quali a mio totale carico. Le attività che svolge come mio collaboratore privato sono dunque da me e solo da me personalmente retribuite con regolare contratto“.

Ma ormai il caso è scoppiato e per il momento non sembra affatto placarsi.

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