“Collettivo violento”, “Corteo pacifico”. Scontro sulle femministe di Non una di meno

"Collettivo violento", "Corteo pacifico". Scontro sulle femministe di Non una di meno

La manifestazione organizzata da “Non una di meno” ha diviso l’opinione pubblica. Ne abbiamo parlato con Vladimir Luxuria e Maria Rachele Ruiu, portavoce di Pro Vita e Famiglia.

Lei definirebbe pacifica la manifestazione transfemminista di sabato?

Ruiu: “No, ma è necessaria una distinzione. La manifestazione di sabato é stata convocata da Non una di meno, un collettivo transfemminista violento, che ha fatto del proprio impegno una guerra contro la vita e la famiglia, tanto che più di una volta ha invocato la pena di morte per noi, – sui loro social sono comparsa a testa in giù, come più volte già avevano imbrattato la nostra sede con parole indicibili e minacce di morte, oltre che bestemmie- e che ha manifestato per istanze politiche e ideologiche violente che, tra l’altro, fanno tutto tranne il bene delle donne, anzi ‘persona con il ciclo/persona che partorisce’. Poi ci sono le migliaia di cittadini, scesi in piazza pacificamente che non conoscono e non si riconoscono in queste istanze violente, che però oggi vengono strumentalizzati. Migliaia di famiglie, di ragazzi, di nonni che hanno manifestato contro la violenza sulle donne, con gli occhi pieni di commozione per l’uccisione barbara di Giulia Cecchettin, oggi usati per promuovere una guerra alla vita e alla famiglia. I primi, gli organizzatori violenti, che strumentalizzano la commozione, la rabbia, lo sgomento dei secondi, anzi di tutti noi”.

Luxuria: “La definirei una manifestazione che vuole mettere pace tra gli uomini e le donne. Perché fin quando ci sono uomini che hanno un senso di prevaricazione fisica e pensano di imprimere il marchio di proprietà come si fa con le mucche, col branding sulle donne che amano, che amavano e che pensano di amare, ex, attuali mogli ecc… Non c’è pace, c’è solo una sorta di guerra civile”.

Crede che gli obiettivi la manifestazione sia stata un successo oppure le polemiche sulle bandiere della Palestina e su Pro Vita hanno rovinato l’evento?

Ruiu: “Credo che quella manifestazione aveva bisogno di tutto, tranne che delle bandiere della Palestina e l’assalto a Pro Vita, ma non poteva essere che così, visto che è stata convocata da Non una di meno. È un cortocircuito ideologico che mostra che non si possono appaltare manifestazioni contro la violenza a gruppi facinorosi, abituati ad usare la violenza come strumento politico, tanto da rivendicare l’assalto ad una associazione che rappresenta centinaia di migliaia di uomini e donne, famiglie sono perché non ne condividono gli intenti, con parole che ricordano i tempi delle brigate rosse. È necessario una presa di posizione chiara senza se e senza ma, verso questo collettivo che ha sfruttato il dolore e la rabbia per la morte di Giulia per altro: cercare di dar fuoco ad una onlus, rompere le vetrate con una spranga e lanciare un ordigno solo per la loro guerra ideologica contro la vita e la famiglia. Ed è inquietante che gli stessi che hanno cantato ‘I Pro Vita si chiudono con il fuoco, però con i Pro Vita dentro sennò è troppo poco’, mentre dal carro di famiglie arcobaleno ci indicavano come nemici numero uno, vorrebbero entrare nelle scuole ad educare al rispetto (quale? Che alcune persone si difendono ed altre si bruciano? Alcune donne vanno difese, altre minacciate di morte?) i nostri figli. Rifiutiamo l’offerta, e rilanciamo: la violenza genera violenza ed è intollerabile una denuncia che non sia chiara e netta senza se e senza ma: fuori queste associazioni dalle scuole”.

Luxuria: “Invito a non confondere l’appoggio al popolo palestinese con il sostegno ad Hamas. Nessuno sosterrà mai Hamas. Si sostiene il popolo palestinese, così come si sostiene il popolo israeliano. In questo periodo, preghiamo affinché continui questa tregua e gli ostaggi possano riabbracciare i propri familiari israeliani e a Gaza non si abbia l’incubo di bombe che uccidono uomini donne e tantissimi bambini. Il significato delle bandiere palestinesi sono quelli. Non significa essere contro il popolo israeliano, ma contro il governo Netanyahu, che governa da tanto tempo in Israele ed è criticato soprattutto dagli stessi israeliani”.

Cosa pensa degli attacchi verbali e soprattutto materiali alla Onlus Pro Vita e Famiglia?

Ruiu: “Niente di nuovo: per Non Una di Meno, che ha rivendicato con orgoglio l’assalto, e per i collettivi a loro vicino, quando si parla di emancipazione, non violenza e libertà di manifestare e sensibilizzare i cittadini sull’emergenza-femminicidi, si intende demonizzare la vita e la famiglia, si intende violare le leggi, e si intende “bruciare” il libero confronto e il pluralismo delle idee sale della dialettica democratica, oltre che la Costituzione che sancisce diritti e doveri per tutti, anche per i Pro Vita, e riconosce nell’articolo 29 la famiglia come società naturale”.

Luxuria: “Sono stata e sarò sempre nella mia vita privata, nella mia quotidianità nel mio attivismo, contro ogni forma di violenza fisica e verbale. È stato uno sbaglio l’attacco alla sede di Pro vita da parte di alcune frange estremiste che sono state condannate sia dallo stesso movimento Se non ora quando, sia dalla Cgil”.

Perché, secondo lei, una manifestazione contro la violenza di genere è degenerata con atti violenti nei confronti di Pro Vita?

Ruiu: “Perché l’organizzazione è in mano a collettivi, che da anni hanno snaturato lo spirito della giornata contro la violenza, e che hanno mostrato la loro anima intollerante, fanaticamente ideologica, impegnata a negare il diritto di esistere a chi non è allineato al politicamente corretto. È caduta la maschera e si sono palesate per quello che sono, altro che progressiste, tolleranti e pluraliste: sono facinorose che intendono minacciare di morte donne solo perché non ne condividono le idee. Qualcuno fatica ad ammetterlo, come per esempio il segretario del partito democratico, ma è sotto gli occhi di tutti: è necessario prendere le distanze da Non una di meno e isolare la loro violenza antidemocratica”.

Luxuria: “Mi permetta. Inviterei a non interpretare semplicisticamente una manifestazione che ha visto mezzo milione di persone a Roma e in tantissime altre città. Penso che parlare solo di questa di quest’attacco a Pro Vita non serva davvero alla causa del contrasto alla violenza di genere”.

Secondo lei, l’Italia è uno Stato patriarcale e confessionale?

Ruiu: “Gli italiani hanno votato poco più di un anno fa portando a diventare primo ministro una donna di cui tutto si può dire tranne che essere in odore di patriarcato. È necessario ammettere che alla base della violenza c’è il narcisismo impregnato di una cultura che ripete continuamente che non ci sono limiti ai propri desideri, anzi “voglio, posso, pretendo” dove l’altro esiste solo per corrisponderti e darti godimento, insieme alla perdita del ruolo pedagogico della famiglia come luogo dove si accoglie la vita, si sperimenta l’alterità e l’amore, quello vero, che fa spazio, che si dona e si toglie i calzari di fronte al territorio sacro che è l’altro, anche quando non ti corrisponde, anche quando scomodo. Mi faccia però spezzare una lancia a favore della nostra Italia: Se guardiamo alle statistiche, i paesi indicati come civili, in cui la famiglia è disgregata più che in Italia, dove si fa indottrinamento nelle scuole ed educazione sessuale da anni, i tassi di omicidi di donne sono più alti, che in Italia. Forse perché qui in fondo la famiglia naturale sta provando a sopravvivere alle spallate e a difendere il suo diritto di priorità educativo, è forse anche grazie ad un pallido retaggio cristiano che regge botta? Abbiamo bisogno di uno sguardo che dall’ombelico si alzi verso il Cielo, e incontri l’altro in una relazione autentica che non pretende, ma accoglie il peso e il bello della differenza, da cui nasce la vita: una relazione di amore pieno”.

Luxuria: “Purtroppo il problema del femminicidio è una pandemia, non è un fenomeno relegato solo all’Italia. È proprio una questione di mentalità, di residui forti di patriarcato, di senso di possesso delle donne, di non accettazione che una donna possa scegliere la sua vita da sola, di non accettare l’indipendenza delle donne. Questo è un problema che c’è in tutto il mondo. Ci sono nazioni in cui ci sono meno casi e nazioni in cui ci sono più casi, ovviamente sono da rapportare anche al numero di popolazione. Però il problema del patriarcato esiste e non lo attribuirei a una religione in particolare perché è un fenomeno che riguarda vari Paesi di diversi credi”.

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