Strage di Brandizzo, indagati 2 dirigenti Rfi

Strage di Brandizzo, indagati 2 dirigenti Rfi

Si scaverà dentro i protocolli dell’azienda. Per esaminare come si lavora davvero nelle ferrovie, se vi siano «prassi consolidate» potenzialmente rischiose, come potrebbe avere dimostrato nel peggiore dei modi la strage di Brandizzo. In altre parole, consuetudini, che hanno messo a repentaglio o potrebbero farlo in futuro, l’incolumità di altri operai in diversi momenti delle attività di manutenzione: da quelle di preparazione al lavoro vero e proprio, circoscritto con data e fascia oraria dall’incarico di Rfi. Il tutto, sembra tragicamente suggerire la catena degli eventi, in una logica di risparmio di tempo e quindi di denaro.

Un’ipotesi che era stata ventilata dall’inizio, dalla procuratrice capo Gabriella Viglione: «Bisogna capire – aveva detto – se procedere con i lavori senza avere il permesso è una sciagurata scelta delle persone coinvolte o, al contrario, se in questo comportamento possano esserci delle abitudini, delle consuetudini e delle richieste». Tre mesi dopo l’alba del 31 agosto, cinque operai travolti dal treno in corsa, i parenti obbligati a dei riconoscimenti quasi impossibili, si arriva a una svolta nell’inchiesta della procura di Ivrea con le perquisizioni negli uffici dell’azienda a Milano e Roma. Dopo settimane di interrogatori, accertamenti e deposizioni (a quanto risulta diversi lavoratori avrebbero confermato agli inquirenti la tesi della prassi), il dito è ora puntato in alto verso i vertici. I decreti di perquisizione che hanno dato il via alle operazioni di ieri, con carabinieri, agenti della Polfer e uomini del Servizio di prevenzione e sicurezza degli Ambienti di Lavoro impegnati nella raccolta di file e documenti utili alle indagini, hanno fatto emergere le posizioni di due manager di Rete ferroviaria italiana. Entrambi risultano quindi iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo plurimo per violazione delle norme anti infortunistiche, insieme all’azienda stessa, indagata ai sensi della 231, la legge sulla responsabilità degli enti. Si tratta di due figure con ruoli superiori a quello del cosiddetto «scorta-ditta», l’unico indagato già noto dell’azienda, Antonio Massa, il preposto Rfi che la notte dell’incidente si trovava sui binari e sopravvissuto. Si tratta di Gaetano Pitisci, responsabile Rfi dell’Unità Territoriale Centro Sud della Direzione Operativa Infrastrutture Territoriale di Torino – superiore gerarchico di Massa – e di Andrea Bregolato, uno dei responsabili della sicurezza nei cantieri di Rfi. Erano già stati raggiunti da avvisi di garanzia il capo cantiere Andrea Girardin Gibin, e vertici e quadri di Sigifer, la stessa la ditta esterna incaricata di eseguire i lavoro di manutenzione. Gianpiero Strisciuglio, amministratore delegato e direttore generale di Rfi è il rappresentante legale della società che ha ricevuto per conto dell’azienda la comunicazione penale sull’indagine, senza però essere coinvolto personalmente nell’inchiesta. In un comunicato Rfi, assistita dall’avvocato Luigi Chiappero, ha fatto sapere che «con tutto il personale interessato, stiamo fornendo la massima collaborazione, in assoluta trasparenza, agli agenti di polizia e agli organi inquirenti che stanno indagando sulle cause dell’incidente». La perizia ha escluso qualsiasi responsabilità del macchinista.

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