Ammazzata dal marito con una mazza da cricket

A destra Noemi Schiraldi, il carabiniere che ha bloccato l'omicida

Ha tentato di scappare e salvarsi, ma lui l’ha raggiunta sulla soglia di casa e l’ha colpita di nuovo e più forte con una mazza da cricket. La teneva in casa, nel porta ombrelli all’ingresso, perché, come per tutti gli indiani, quello è lo sport nazionale. Ed invece quell’oggetto è diventato l’arma dell’ennesimo delitto in cui un marito pone fine alla vita della moglie. Succede nella periferia di Salsomaggiore Terme, fra le colline.

Ora tutti dicono quanto Lal Onkar, 66 anni, fosse quantomeno un nonno perfetto. «Sempre a passeggio con nipotini e anche con quel grosso cagnolone che tutti amavano tanto», raccontano. Per Kumari Meena, 64 anni, però, in quel quadretto familiare all’apparenza perfetto da ieri non c’è più posto. La donna è morta sul colpo, verso le 9.30, dopo l’ultimo fendete del marito che aveva cominciato a colpirla per un litigio sulle cui cause ancora indagano i carabinieri delle compagnie di Parma e di Salsomaggiore Terme. In casa, attirata dalle grida, si era precipitata, purtroppo invano, Noemi Schiraldi (nella foto), carabiniere semplice, 30 anni e tanto coraggio: è lei l’eroina di una mattina di ordinaria follia in via Trento, stradina chiusa, case a due piani, tanto ordine e colori pastello. «Ero libera dal servizio, ero sola ma sentendo quelle grida non ci ho pensato due volte: venivano da quella casa con la porta semiaperta e da dove sporgeva il corpo di una donna riverso», ricorda lei che ha avvertito i colleghi dell’Arma permettendo l’arresto immediato del marito assassino. Indiano lui, nepalese lei, gli Onkar erano immigrati in Emilia da molti anni. Avevano quattro figli. Uno lavora in una famosa vetreria del territorio e vive al piano di sopra con moglie italiana e due nipotini. Altre tre ragazze abitano a Fidenza, Parma e Brescia. Hanno studiato, vivono «all’occidentale», anche nella erre arrotata, marchio di fabbrica di questi luoghi. Un establishment costruito grazie al duro lavoro di lui nelle stalle dove si fa il parmigiano, come accade a tanti immigrati dal gigante d’oriente.

La vittima, invece, lavorava ancora saltuariamente come colf e, in passato, aveva lavorato come lavatesta al coiffeur all’angolo della strada. Anzi, proprio alla parrucchiera con cui aveva collaborato, Kumari, già diversi anni fa, aveva confessato che, in realtà, il marito aveva un lato oscuro e che botte, schiaffi e percosse fossero il piatto forte della casa, soprattutto da quando i figli se n’erano andati. Stessa rivelazione fatta al prete della parrocchia di Sant’Antonio. La donna, però, non aveva mai voluto sporgere denuncia nemmeno quella volta che, un paio di anni fa, furono i vicini, oggi attoniti e di poche parole, a chiamare le forze dell’ordine per rumori e trambusto che arrivavano da quella casa. I carabinieri avevano anche convocato Kumari, spiegandole come per farsi aiutare fosse necessario mettere nero su bianco una denuncia contro quell’uomo che alternava amore e botte. Questo è anche il rimpianto della Schiraldi, arrivata di corsa, ma troppo tardi: «Quando ho varcato la porta di quella casa ho visto a terra la donna, già esanime. Mi sono qualificata, ho afferrato l’uomo che, però, le ha sferrato, proprio sotto i miei occhi, l’ultimo brutale colpo».

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