L’allarme del ministro Crosetto sulla magistratura politicizzata riporta in primo piano la riforma della giustizia, sulla separazione delle carriere, che ancora non è partita. Chiediamo a Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della premier Giorgia Meloni, se è finalmente arrivato il momento per questo intervento-bandiera del centrodestra.
Il ministro Nordio ammette che la riforma della giustizia è stata «posticipata» per non accavallarsi con l’altra costituzionale sul premierato, ma annuncia che sarà presentata all’inizio del 2024. Quali saranno i primi passi?
«Penso che la riforma dev’essere ben ponderata e che, come quella sulla forma di governo, debba partire da un confronto con le opposizioni e con i destinatari, la magistratura rappresentata dal Csm e dall’Anm. Questa è la premessa, anche perché una riforma costituzionale che parte dalla separazione delle carriere di giudici e pm porta con sé una serie di importanti conseguenze, a cominciare dal Csm che in quella prospettiva potrebbe sdoppiarsi, nonché dalle sue modalità di formazione».
La riforma Cartabia ha già modificato il sistema elettorale per i componenti del Csm, non è servita?
«Sul contrasto al peso delle correnti si è rilevata inefficace e questo è il punto fondamentale per impedire la politicizzazione di una parte della magistratura, che ne mina la credibilità e rappresenta una patologia del sistema. Gli altri problemi sono meno gravi, ma davvero penso che molto potrebbe cambiare con la giusta riforma elettorale del Csm».
Parla del sorteggio dei candidati, proposto dal centrodestra?
«Un sorteggio, o un sorteggio temperato, che contrasti il potere delle correnti, grande male della magistratura, è una soluzione condivisa anche da una larga parte della magistratura».
Parliamo dei contenuti della riforma.
«La separazione delle carriere vuole completare il processo accusatorio e mettere pm e avvocato su un piano di assoluta parità. Ma questo non vuol dire trasformare il procuratore in un superpoliziotto, facendogli perdere la sua natura di magistrato che è garanzia anche per la difesa, con l’obbligo di indagare per la verità, chiedendo l’archiviazione se non ci sono prove per andare al dibattimento. Per questo è essenziale che la separazione sia ben ponderata per evitare il rischio che il pm perda la sua indipendenza dal potere esecutivo».
L’altro tema centrale è l’obbligatorietà dell’azione penale.
«Sì, tema che è ancora più delicato, perché nasconde il pericolo di attribuire al Governo le direttive sulla politica giudiziaria».
Ora la discrezionalità dei pm consente ad ognuno di agire su un caso o sull’altro a secondo della sensibilità personale o anche degli interessi di parte. Già la relazione del ministro della giustizia in parlamento sulle linee guida viene interpretata da alcuni come una eccessiva limitazione.
«Ma una cosa è che il ministro indirizzi la magistratura, altra che il pm dipenda dall’esecutivo. Su indipendenza, Csm e obbligatorietà dell’azione penale bisogna avviare il confronto con politica e magistratura».
Sul premierato le consultazioni non hanno portato a grandi risultati se le opposizioni, tranne Iv, restano sul piede di guerra. E sulla separazione delle carriere l’Anm ha già pronto il fuoco di sbarramento.
«Non necessariamente si deve arrivare per una riforma costituzionale ad un voto condiviso, ma è doveroso cercare soluzioni più vicine possibili alla minoranza. Anche per il premierato si era partiti da proposte diverse, come il presidenzialismo, e poi si è cercata una forma diversa».
Ora che il premierato ha iniziato il suo iter in Senato, che tempi potrebbero esserci per la riforma della giustizia?
«Il problema è anche evitare due possibili referendum nello stesso momento, per non condizionare il voto degli elettori, ecco perché il premierato è partito prima. Penso che il centrodestra stia già intervenendo in modo significativo sulla giustizia e con 4 anni davanti ha tutto il tempo di fare anche la riforma costituzionale».