Quella sinistra che reclama la riforma

Quella sinistra che reclama la riforma

Le toghe insorgono contro Guido Crosetto e la sinistra si allinea indignata, reclamando mea culpa dal ministro che ha osato polemizzare coi pm.

Ma dal coro filo-procure delle opposizioni si leva anche qualche voce dissonante. «Crosetto è stato messo in croce per aver detto cose che sono sotto gli occhi di tutti – afferma il responsabile giustizia di Azione, Enrico Costa – avete ascoltato gli interventi ai congressi delle correnti di Area e Md, le interviste, le prese di posizione dell’Anm tese a condizionare il legislatore su riforme? Crosetto non ha parlato di inchieste, ma di questo. Se mi dite dove si firma, vado a sottoscrivere le sue parole». Il deputato di Iv Roberto Giachetti interviene in aula a Montecitorio: «Non mi stupisce che, come sempre, davanti a un’iniziativa di riforma della giustizia l’Anm alzi gli scudi e gridi all’attentato alla Costituzione. Quel che mi preoccupa è il silenzio del ministro Nordio, che non parla più di separazione delle carriere o intercettazioni». Dice Cateno de Luca (foto a fianco), leader di Sud chiama Nord: «Sono un critico di questo governo, ma non condivido gli attacchi a Crosetto. Ho vissuto sulla mia pelle l’accanimento di una parte della magistratura. So che significa quando ti mettono nel tritacarne giudiziario solo per demolirti politicamente. Ora bisogna accelerare la riforma della giustizia: diventi la priorità del governo, dalle parole ai fatti».

Matteo Renzi (foto a sinistra) posta un suo intervento di 4 anni fa in Senato in cui denunciava la crisi democratica dovuta alla fine della separazione dei poteri: «Subito dopo – ricorda – mi arrivarono 5 avvisi di garanzia. Un caso, ovviamente». Cui non seguì alcuna condanna, ma molto fango su di lui. «Credo che Crosetto abbia detto cose di sicuro interesse. Ma la mia domanda è: perché Giorgia Meloni ha improvvisamente bloccato la riforma della giustizia? Di che ha paura?». Andrea Cangini, già parlamentare di Fi e poi Terzo Polo, racconta un aneddoto significativo: durante la formazione del governo Prodi nel 2006, il presidente emerito della Repubblica Cossiga telefonò a Clemente Mastella, in predicato come Guardasigilli. Lo sconsigliò di accettare, poi lo avvertì: «In ogni caso non ti azzardare a fare una riforma seria della giustizia. Perché se no ti arrestano». «Mastella – ricorda Cangini – diventò ministro della giustizia, prospettò la sua riforma, fu incriminato e sua moglie arrestata. Il governo Prodi cadde. Solo anni dopo Mastella e la moglie furono prosciolti». Una parabola sempre attuale.

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