Secondo il Merriam-Webster, il più prestigioso dizionario americano, il termine più diffuso del 2023 è “autentico”. Questa parola, infatti, è stata cercata più volte in relazione a “storie e conversazioni su intelligenza artificiale, cultura delle celebrities, identità e social media”. Ma non solo. “Autentico” è un termine che ha più significati, come “non falso” e “fedele alla propria personalità, anima o carattere”. È dunque una parola profonda, che serve a identificare ciò che è vero da ciò che non lo è. Ciò che è da ciò che non è.
Elon Musk ha affermato che le persone dovrebbero essere “più autentiche sui social media”. Ma è davvero possibile? E, soprattutto, è davvero opportuno riversare tutti noi stessi – con le nostre paure, le nostre gioie e le nostre preoccupazioni – su Twitter e Facebook? Essere autentici significa sapere chi siamo. Qual è il nostro fine. Perché siamo venuti al mondo. Qual è il nostro scopo su questa terra. Oggi, però, rispondere a queste domande non è per niente facile.
Sul tempio di Apollo, a Delfi, era scritto: “Conosci te stesso”. Era un invito ad ammettere i propri limiti, la propria finitezza. Ma anche, e soprattutto, ad avere la consapevolezza che dentro di noi alberga un afflato divino. Per gli orfici si trattava di un demone, una divinità minore. In noi, infatti, c’è una scintilla che ci collega al cielo. È lì che essa vuole tornare, anche se al momento è inchiodata in un corpo. È la nostra anima. Il nostro cuore. Non a caso, sant’Agostino invitava a non andare fuori, ma a rientrare in noi stessi perché è nel nostro profondo che è nascosta la verità. Che dobbiamo cercare, guardandoci allo specchio con onestà. E per tanto tempo.
Conoscersi è un processo che dura tutta la vita. E noi, come è noto, viviamo esistenze frenetiche e rumorose. “Non ho tempo” è la frase che ripetiamo più spesso. “Sono tirato, fai in fretta”. Così però non viviamo. Siamo come meteore che attraversano giornate troppo simili l’una con l’altra. La sveglia, la colazione di corsa, il lavoro (sempre troppo e sempre più stressante), il ritorno a casa tardi, una cena un po’ troppo frugale (magari da asporto e mangiata in solitudine di fronte a Netflix) e poi a letto. Il giorno dopo si riparte, come piccoli ingranaggi di un motore che tutto fagocita. A noi, tutto sommato, va bene così. Anche perché spesso non ci accorgiamo di ciò che ci sta succedendo. Siamo risucchiati in una vita che non possediamo realmente, perché nemmeno noi ci possediamo davvero. Anzi: nemmeno noi ci conosciamo davvero. Ma quel demone che è in noi ogni tanto si sveglia e ci dice che così non può funzionare. Che lui vuole tornare a casa, in cielo, tra ciò che è immortale e divino.
Per farlo, però, dobbiamo tornare ad essere autentici. Nella vita reale e non sui social network.