Caterina Caselli, il celebre concerto di Paolo Conte alla Scala è diventato un film.
«E vorrei che lo andassero a vedere tutti, è un capolavoro».
Paolo Conte è di un’altra generazione rispetto a chi oggi ascolta musica «liquida» in streaming.
«Appunto, lui è un esempio anche per i giovani e i giovanissimi».
Ma com’è nata quest’idea?
«Arriva da lontano, dai tempi della Cgd». Prima che la signorile Caterina Caselli racconti com’è nata l’idea, c’è da riconoscere che Paolo Conte alla Scala – Il Maestro è nell’anima, (disco, film e podcast) è un’operazione finalmente «alta» che spicca nell’ordinarietà di tanta musica. Conte nello scorso febbraio è stato il primo poeta di musica popolare a esibirsi al Teatro La Scala scatenando il solito orrore dei soliti loggionisti ideologici. Ora quel concerto (garantito: è stato favoloso) diventa vinile e cd, è accompagnato da un podcast con ospitoni musicali ed è raccontato da un film incentrato sul concerto, sulle prove, sui racconti del maestro prima e dopo la serata. Sarà, giustamente, solo al cinema il 4, 5 e 6 dicembre ed è la fotografia emotiva di un evento destinato a rimanere nella storia della musica e, perché no?, anche in quella del costume.
Allora, signora Caselli, l’idea è stata sua, ma da dove arriva?
«La cullavo da tanti, tanti anni, da quando lavoravo con Paolo Conte in Cgd e mi ero accorta che lui faceva già l’opera totale, era allo stesso tempo musicista sublime e poeta».
Quando l’ha conosciuto?
«Facevo ancora la cantante, era il 1968, stavamo preparando Insieme a te non ci sto più (Paolo Conte scrisse la musica – ndr). La tonalità che avevamo previsto non andava bene e così, mentre ero a pranzo con altri, lui la cambiò e me la abbassò in quattro e quattr’otto. Un fulmine. Un gigante. Pochi ricordano quell’episodio».
Poi?
«Poi le nostre strade si sono divise professionalmente ma sono rimasta sempre in grandi rapporti anche con sua moglie. Tra noi c’è affinità».
Ma La Scala?
«Una sera di tanti anni fa ero con Dionne Warwick e passammo davanti alla Scala. A Dionne chiesero se le sarebbe piaciuto esibirsi lì e io capii che era il posto giusto anche per Paolo Conte. Quando l’ho visto suonare agli Arcimboldi l’anno scorso ho realizzato che era arrivato il momento giusto».
Un sogno durato decenni.
«Come diceva mia madre, la tenacia vince sempre».
Cosa c’è nel film?
«Ci sono le canzoni di Paolo Conte, che già loro sono film. Lui racconta anche come nascono i pezzi, ci fa entrare nel suo mondo».
Un mondo complicato.
«A suo tempo ho imparato a fare promozione a Paolo Conte nonostante i suoi no. No alla tv. No a questo. No a quello. Allora magari filmavamo i suoi concerti per i telegiornali oppure, come una volta, abbiamo fatto una cassetta con Arbrore, Dalla, Celentano, Bertè eccetera che parlavano bene di lui. C’era anche Mario Soldati. Venne a casa mia. Aveva un vocione… Gli chiesi se Paolo Conte avrebbe avuto successo».
E cosa rispose.
«Disse: Non so se avrà successo perché non contiene volgarità».
Non ce ne è mai stata così tanta nella musica, specialmente rap.
«Alcuni testi sono indicibili. Ma censurare non serve a nulla. Anche io, come editore, posso dire questa roba non la pubblico. Ma tanto poi ci sarà qualcun altro che lo farà. Bisogna capire perché si arrivi a un tale disprezzo per le donne».
Rimedi?
«Per quanto mi riguarda, penso sia necessario divulgare. Spesso la violenza è un difetto di conoscenza che l’arte può aiutare a guarire».