“La pandemia di Covid-19 ha provocato un significativo peggioramento delle capacità cognitive negli anziani, associato a cambiamenti nei noti fattori di rischio di demenza. Il declino prolungato delle capacità cognitive evidenzia la necessità di interventi di sanità pubblica per mitigare il rischio di demenza, in particolare nelle persone con deterioramento cognitivo lieve, nelle quali la conversione alla demenza entro 5 anni rappresenta un rischio sostanziale. Dovrebbe essere preso in considerazione un intervento a lungo termine per le persone con una storia di Covid-19 per supportare la salute cognitiva”.
A dirlo sono i risultati della ricerca dal titolo Cognitive decline in older adults in the Uk during andafter the Covid-19 pandemic: a longitudinal analysis of Protect study data. Lo studio, pubblicato su Lancet, è stato guidato dalla professoressa Anne Corbett e, dato il campione significativo relativo alle persone coinvolte, non è valido solo per il Regno Unito, ma anche per l’intero Occidente o quanto meno per l’Europa.
Declino cognitivo e pandemia: cause e conseguenze
Ma cosa dice questa ricerca? Lo studio di Corbett e il suo team parte da una semplice osservazione, ovvero che “gli effetti a lungo termine del Covid-19 sulla salute sono sempre più riconosciuti” e che “le restrizioni sociali durante la pandemia di Covid-19 hanno comportato un potenziale danno considerevole per la salute cognitiva e mentale, in particolare per i principali fattori di rischio di demenza, come quelli legati all’esercizio fisico e alla abitudini alimentari”. Così sono stati presi in mano i dati di un altro studio per poter giungere a una conclusione.
Se il declino cognitivo nei senior è quindi la conseguenza delle restrizioni dei vari lockdown – ma anche dell’autosegregazione legata alla paura del virus – le cause sono state incluse nella relazione di Corbett, ovvero:
- riduzione dell’esercizio fisico;
- aumento del consumo di alcol;
- depressione;
- solitudine.
Tra i sintomi del declino cognitivo sono invece da segnalare:
- peggioramento della funzione esecutiva;
- peggioramento della memoria.
Naturalmente in queste conclusioni, che hanno interessato 3.142 partecipanti alla ricerca (per il 54% donne e per il 46% uomini con un’età media di 67 anni e mezzo), hanno pesato patologie e condizioni pregresse, oltre al fatto di aver contratto ed essere sopravvissuti e sopravvissute al Covid-19. I dati sono stati raccolti tra il 2020 e il 2022, ma hanno preso in esame anche la situazione pre-pandemica.
Lo studio della Fondazione Santa Lucia
C’è dell’altro. Prima di questo studio britannico, un altro italiano, realizzato dal laboratorio Laserc della Fondazione Santa Lucia di Roma e pubblicato su Frontiers in Psychiatry aveva messo in guardia sul fenomeno già nel 2020.
In questo primo interessante e importante approccio all’argomento, che ha riguardato 128 pazienti già potenzialmente a rischio declino cognitivo, vengono aggiunte anche le cause sociali – ovvero l’assenza di socialità che il lockdown e la seguente paura delle interazioni di massa ha comportato.
È emerso come lo stile di vita in generale abbia subito un impatto devastante nella vita dei senior: per il 70% è stato registrato un aumento della sedentarietà, in parte legato al fatto che 1 persona su 3 ha ridotto la propria attività fisica o cambiato abitudini alimentari, ripiegando su cibi meno salutari nella freschezza e nella varietà (il che ha portato anche un aumento di peso nel 35% delle persone).
Tutti hanno, segnalato l’interruzione o la diminuzione delle relazioni sociali, e una parte considerevole ha abbandonato le attività attive come ricami, lavori a maglia, bricolage o giardinaggio, per dedicarsi ad attività passive come guardare la tv, spesso fruendo le notizie sulla pandemia che hanno comportato forti ripercussioni sull’umore.