La corte d’assise d’appello di Palermo presieduta da Angelo Pellino ha confermato la condanna all’ergastolo per Pietro Morreale. Il giovane è accusato di avere ucciso Roberta Siragusa la notte tra il 23 e 24 gennaio del 2021. «Questa condanna afferma una chiara e decisa risposta alla grave emergenza della violenza contro le donne» commenta Giuseppe Canzone, legale della famiglia di Roberta. L’imputato è accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere.
Roberta Siragusa, che aveva 17 anni, venne bruciata viva nei pressi dello stadio. I sospetti si concentrarono subito sul fidanzato Pietro Morreale, 21 anni, che era con lei quella sera e che si è sempre professato innocente sostenendo che sarebbe stata la ragazza a darsi fuoco dopo un litigio. In aula, al momento del verdetto erano presenti i genitori e il fratello di Roberta, i genitori e alcuni amici di Pietro. La notte dell’omicidio, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Pietro Morreale avrebbe picchiato la fidanzata che aveva deciso di lasciarlo e le avrebbe dato fuoco nei pressi del campo sportivo. Poi avrebbe caricato il corpo sull’auto e lasciato il cadavere in un dirupo non distante dalla casa della vittima.
La famiglia della vittima e il Comune di Caccamo si sono costituite parte civile nel processo con l’assistenza degli avvocati Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo, Simona La Verde e Sergio Burgio. Il sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno aveva chiesto la conferma dell’ergastolo. Alla lettura del dispositivo erano presenti tutti i parenti di Roberta, il padre la madre il fratello, la nonna zia e cugini e tanti amici. In primo grado, il ragazzo era stato condannato anche al risarcimento del danno nei confronti della madre della vittima, Iana Brancato, per 225mila euro; al padre Filippo Siragusa per 229mila e al fratello Dario per 209mila. Alla nonna Maria Barone per 117mila euro. Pietro Morreale dovrà risarcire anche il Comune di Caccamo con una provvisionale esecutiva di 15mila euro.