Sull’emozione e l’empatia ci sarà ancora da lavorare, ma di sicuro c’è che Sinner oggi è l’esempio. Da imitare, da issare a bandiera, da sfoggiare come vessillo, per essere simbolo di uno sport nazionale che aveva subito un’inflessione dovuta all’improvvisa ascesa del padel e a decenni di infauste partecipazioni alla Davis. Per il sottoscritto, classe 1984, i ricordi della Davis si erano fermati a Gaudenzi, Furlan, Nargisio e Sanguinetti. Adesso è innegabile che si sia fatta la Storia. Ed è innegabile che a trascinare l’Italia sia stato uno che è tutto meno che un trascinatore. Sinner, l’algido altoatesino, è sempre stato considerato un blocco di ghiaccio di concentrazione.
Più che il cuore, lanciava la mente oltre l’ostacolo. Guardate i festeggiamenti di ieri: emozioni e sorrisi composti, i salti accennati, la gioia quasi già riposta in un cassetto perché la testa è già alla prossima sfida. Jannik ricorda un po’ Ivan Drago, quella macchina infernale tutta muscoli e sensori insensibile al dolore e alla fatica. Sinner ha fatto fatica a farsi amare, diciamo la verità, complice la bufera che si abbattè su di lui a seguito della scelta di non partecipare ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 e di dare forfait per l’eliminatoria di Coppa Davis in quel di Bologna a settembre. All’epoca per molti era Jannik l’anti-italiano. Ma piano piano la musica è cambiata.
Dalle Atp Finals di Torino, con l’ausilio di Mamma Rai che ha trasmesso le epiche battaglie con Djokovic in chiaro, il ghiaccio ha inizato a sciogliersi. Se fosse un cartone per bambini, sarebbe di sicuro Frozen. L’isola di Arendelle che si riappropria dell’acqua, del sole e della natura prima innevata. L’amore che trionfa sul freddo. Qui però il freddo è sinonimo di abnegazione, concentrazione, compostezza. L’amore è la passione per lo sport, l’ambizione che fin da piccolo gli faceva coltivare il sogno di diventare il numero uno. Ci sarà sempre chi non riuscirà a emozionarsi vedendo le giocate del tennista italiano, ma non c’è dubbio che Sinner sia l’esempio a cui tutti i bambini che si affacciano a questo fantastico sport debbano aspirare. L’esempio di un’Italia persa nei modi e costumi. L’esempio dell’educazione sportiva, del rispetto delle regole, della voglia di affrontare sfide e superarle imparando dagli errori. Lavoro e fatica contrapposte alle scorciatoie. Perché alla fine contano i risultati e contano le vittorie. E se queste arrivano, poi anche l’emozione arriva. Sempre.