Patriarcato, accise e altre corbellerie

Patriarcato, accise e altre corbellerie

Che Paese, l’Italia. Si parte dalla tragedia e in quattro e quattr’otto si approda alla farsa. Propongo tre osservazioni, per corroborare questo giudizio.

1) La settimana passata è stata dominata nei sentimenti pubblici dalla vicenda tragica di Giulia Cecchettin e dalle considerazioni che essa ha suggerito. Ci sono diversi modi per lasciarsi toccare e imparare la lezione da un delitto orrendo e dal dolore estremo che ha provocato nella vittima e nelle persone che le volevano bene. Una volta, secoli fa, la notizia del fattaccio restava circoscritta al vicinato, salvo non si trattasse di principi e della loro parentela. Nelle case si faceva la morale ai figli, si indicava la triste sorte dell’omicida, e ci scappava il requiem in famiglia per la disgraziata vittima. Fuori dall’uscio di casa, individuato l’assassino, lo si portava al patibolo, e il boia – nel tripudio della piazza – lo stecchiva. Finita lì.

La sanzione non serviva per ovvie ragioni a rieducare il reo, spedito all’altro mondo, ma il popolo, governato secondo la regola borbonica delle tre effe: feste, farina e forca. Insomma, la si buttava in politica. I re del tempo si servivano del corpo morto e penzolante dell’assassino per mantenere l’ordine pubblico, i preti idem per tenere fermo quello religioso, non senza aver fatto baciare il crocifisso al reprobo perché la giustizia si mescolasse alla pietà.

L’uso sociale del delitto, come accade a qualsiasi evento che colpisca la gente, perdura. Oggi però è peggio: a essere adoperata – e lo vediamo nel caso tremendo di Giulia – per modellare i sentimenti e riaffermare la cultura trionfante di un (…)

(…) progressismo sociologico da quattro soldi, è la povera salma della ragazza veneziana, trasformata in un numero (105 mi pare) del catalogo delle donne ammazzate. Si fa sventolare il suo cadavere e al contempo si fa sparire la figura demente del suo assassino, sostituita da una categoria inventata per il comodo della stupidità dilagante. Non è Filippo Turetta il colpevole, ma il Patriarcato. Qualcuno l’ha visto in giro negli ultimi decenni? Solitudine e disgregazione sono dominanti, la predicazione della fluidità dei sessi e degli amori la fa da padrone. Ed invece i cannoni restano tutti puntati contro quella parte lì. Si è disegnato il fantasma di Belfagor attorno all’educazione basata su valori tradizionali, e la si è raffigurata come protesa a riaffermare la supremazia del maschio bianco armando di coltello l’ex fidanzato. Il quale sarebbe l’esecutore di un piano orchestrato nei secoli dalla Famiglia Tradizionale. Il Patriarcato va spazzato via. E chi è visto come incarnazione attuale del Mostro? Giorgia Meloni con la sua famiglia, come affermato senza alcun senso del ridicolo da Lilli Gruber, portavoce di quel femminismo cretino e antisemita che ieri pomeriggio ha attraversato in corteo le strade di Milano, Palermo e Roma, con alla testa Elly Schlein, dopo essere stato gonfiato per sette giorni dall’apparato di stampa e tivù che pretende di dirigere il discorso pubblico e i sentimenti del popolo.

Nessuno che si sia preso la briga di esaminare i comportamenti del ventiduenne Turetta. Se fosse stato davvero il Patriarcato a scegliersi il sicario, qualcuno dovrebbe spiegare perché ha incaricato questo imbecille. Costui, secondo l’ipotesi della procura, ha premeditato il sequestro e il delitto, e poi ha ciondolato da squinternato, senza piani di fuga, confessando di essersi puntato il coltello un paio di volte alla gola, ma poi di non essere riuscito a uccidersi. Non aveva pensato il genio che è molto più comodo e viene più facile ammazzare una ragazza indifesa che se stessi. Il delitto di un assassino deficiente. E, quali tendenzialmente sono i criminali, anche piuttosto maleducato. Ma non è stata l’educazione patriarcale. Su che canale Netflix la trasmettono?

2) Tutto va bene per attaccare la Meloni e il suo governo. Il caso tremendo di Giulia ne è l’esempio di irragionevolezza malsana, ma questi attacchi sono all’opera qualsivoglia argomento sia all’ordine del giorno. La manovra di governo è severa, non sparge manna dal cielo. Il perché è semplice: in un contesto internazionale devastato da crisi belliche ed energetiche a getto continuo, pur riuscendo l’economia italiana a reggere meglio di quella tedesca e nordica grazie alla prudenza sensata di Meloni e Giorgetti, Palazzo Chigi sa che non ci sono dobloni da appendere sull’albero della cuccagna. I debiti accumulati dai governi passati impongono severità, e ripetere lo scialo di denaro del governo giallo-rosso con il bonus 110 per cento speso per ristrutturazioni più o meno fasulle (90 miliardi!) impone severità, se non vogliamo il disastro. Le accise sulla benzina non sono state eliminate, ma rinfacciarlo alla Meloni è malafede. L’alternativa nessuno ha saputo indicarla. Anzi sì: la patrimoniale, tasse sulla casa, grassazioni sui risparmi privati. Le accise al confronto sono un mezzo zuccherino.

3) Si è arrivati a lanciare addosso alla Meloni il treno in clamoroso ritardo fermatosi alla stazione di Ciampino per consentire al ministro Lollobrigida di poter inaugurare nel Napoletano un territorio risanato dalla criminalità e da bande di stupratori a Caivano. Che danno c’è stato per i passeggeri? Meglio due minuti in più al caldo per adulti in viaggio, che ore al freddo per i bambini delle scuole in attesa di uno Stato che non arriva mai. È arrivato in un posto da cui era sparito, messo in fuga dalla malavita. Bentornato.

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