“Il miracolo delle quaglie” sarà libero di volare

"Il miracolo delle quaglie" sarà libero di volare

Sentenza esemplare del Consiglio di Stato e monito per il ministero della Cultura. Il ministero della Cultura non deve esporsi a ridicole figure, rinnegando le scelte intelligenti che allineano l’Italia all’Europa rispetto alla circolazione delle opere d’arte. Ho cercato di spiegarlo al Ministro Sangiuliano, e l’ho detto in ripetute occasioni ai funzionari e ai dirigenti dell’Ufficio esportazione e della Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio. Quella Direzione spesso non riesce a impedire, in autotutela, che vengano abbattuti edifici del primo Novecento, come accade a Milano, che hanno un sicuro interesse storico, mentre si balocca incredibilmente e ingiustamente a vincolare, come io ho detto in numerose riunioni e convegni, dipinti di artisti contemporanei come un Guttuso dei primi anni ’80 o uno Schifano del 1962 o un autore giapponese come Shozo Shimamoto. Per converso, e motivatamente, anche in considerazione della quantità di opere, in musei e chiese italiane, di Jacopo Bassano, l’Ufficio esportazione di Pisa il 2 gennaio 2018 diede un attestato di libera circolazione per un dipinto di soggetto biblico, il Miracolo delle quaglie, dello stesso Jacopo Bassano.

Come io ho rilevato in numerose occasioni, non aveva significato sconfessare l’atto della Soprintendenza competente con un provvedimento di annullamento dell’attestato di libera circolazione, in autotutela, firmato dal Direttore generale più di 4 anni dopo, il 22 marzo del 2022. Oggi il Consiglio di Stato, con esemplare sentenza definitiva, dà ragione al proprietario del dipinto e torto al Ministero, in nome del rispetto della competenza dei funzionari, e del diritto alla proprietà di un bene senza la minaccia di un atto arbitrario da parte dello Stato, oltre ogni ragionevole limite temporale. Così finalmente si tutela la proprietà privata e si chiedono al Ministero atti ragionevoli e giudiziosi.

Per riparare a tali prepotenze di uno Stato nemico della ricerca e del collezionismo, lavorano allo stesso tavolo del Ministero, due funzionarie, Stefania Bisaglia e Lia Montereale, così attente e precise nel conoscere le regole e anche nel conoscere gli abusi che da quelle regole derivano, e l’abile avvocato Francesco Emanuele Salamone, una specie di Eta Beta, che è convinto di quello di cui sono convinto anche io, che bastino puntuali circolari che indichino le linee, le visioni, senza lasciare tutto all’arbitrio, come quello del giovane funzionario Matteo Piccioni, che ha fatto il vincolo, incomprensibile da ogni punto di vista, di un dipinto di Schifano del 1962, venduto all’asta; se è un uomo intelligentissimo, spero che venga a lavorare con noi e la sua intelligenza la usi per la conoscenza di ciò che è veramente prezioso e imperdibile per il nostro patrimonio (mai Schifano, che non è raro e non è locale, bensì un bene universale da affermare nel mondo). Nella attività di tutela, noi dobbiamo pensare che quello che ci importa è salvare ciò che resta dell’Italia, del paesaggio e anche delle architetture e degli interni, che sono da salvaguardare anche se sono interni ricostruiti da un collezionismo che talvolta sfocia in una fondazione, come la Fondazione Memmo, ma gli arredi settecenteschi, seicenteschi, sono rarissimi e quelli devono essere vigilati con una determinazione assoluta che riguarda il tema del vincolo sul piano filosofico e spirituale. Infatti il vincolo deve essere un vincolo di conoscenza, non un vincolo di polizia. Io devo sapere dov’è un’opera, come devo e posso sapere che una macchina è immatricolata.

Posso avere una macchina di dieci anni fa immatricolata e un dipinto del Settecento che non si sa dov’è, e non si può chiederlo per una mostra: mi è capitato recentemente con un signore che possiede un Lorenzo Costa e non vuol far sapere che ce l’ha, per timore delle notifiche. Ebbene, dovrebbe essere obbligato non a tenerlo in Italia ma a far sapere che ce l’ha e dove è. Almeno per le opere che hanno più di 100 anni. Un caso emblematico, nella collezione di Giovanni Agnelli a Palazzo Carandini, è un dipinto di Giovanni Bellini che nessuno ha mai visto, un dipinto straordinario: però non c’è l’obbligo di farlo vedere, quindi lui e i suoi eredi hanno un’opera notificata e se la guardano da soli. E allora perché l’abbiamo notificata? Un’opera che nessuno ha mai visto, tranne chi conosceva Agnelli, destinata a stare a Palazzo Carandini. E se fosse a St. Moritz, nella casa dello stesso proprietario, cosa cambierebbe? Io voglio sapere che c’è, dove è, se mi interessa la voglio poter comprare, in caso di vendita, con il diritto di prelazione. Quindi prima di tutto la conoscenza dell’opera, poi la prelazione. Notificarla perché nessuno la veda mi sembra una forma insensata di onanismo istituzionale, senza alcuna utilità.

Per cui avrei immaginato di estendere la notifica di esistenza, come per le persone la carta di identità, anche al patrimonio artistico, con un documento o passaporto europeo. Un’opera d’arte, nella collezione di Tinto Brass, viene venduta a un signore di Parigi. Quando il signore vorrà venderla a qualcun altro rimarrà sempre la prelazione. Quindi bisogna seguire il dipinto, ma che stia in una casa di Teolo piuttosto che a Parigi cosa mi importa? Qual è il vantaggio? Per chi? Per vederlo come? Quindi il vincolo di polizia che noi abbiamo stabilito nei fatti deve essere sostituito da un vincolo di conoscenza che si impone per ogni opera che abbia più di 90 anni, di 100 anni. Come io denuncio il mio motociclo, denuncio la mia automobile, denuncio qualunque cosa: la carta d’identità di un bene che posseggo. L’importante è fare sapere, mandando la fotografia al Ministero o alla Prefettura, che esiste e dove è. Quando io lo so, e qualcuno lo vuole vendere in Svizzera o lo vuole vendere in Austria, se voglio lo compro. E se lo compra un privato, quel privato manterrà un documento europeo che dice «io di quest’opera, quando la vendo, so che lo Stato italiano può esercitare la prelazione».

Quindi il nostro primato italiano rimane nel momento del passaggio, in qualunque Paese d’Europa. Quando poi arriverà la richiesta di un museo, sarà da decidere se sia meglio che vada al Getty o al museo di Morgantina o Aidone, dove è pervenuta, anche se non sappiamo se proveniente da là, la Dea di Morgantina, passando da un milione e mezzo di visitatori a 3 in novembre, in dicembre 8, in febbraio 12 e con una media di mille all’anno; perché neppure è stato fatto, come con i Bronzi di Riace, che sono andati almeno di passaggio a Roma: la Dea è passata, per miope campanilismo, direttamente da Malibu ad Aidone. E ad Aidone non va nessuno. Allora questo tema è un tema importante, che riguarda anche il recupero delle opere che sono state trafugate, soprattutto quelle di archeologia. Ma molti vincoli sono futili, onanistici, del tutto inutili, non servono a far vedere l’opera, ma soltanto a limitare il suo valore rispetto al mercato internazionale. Lo Stato la vuole comprare? La comprerà, come fanno in Francia, quando la vendita, almeno in Europa, sia consentita liberamente. Quindi si può valutare se proteggere la circolazione delle opere d’arte forse dall’America, perché è un altro continente; ma l’Europa… Allora, per questo il tavolo, con gli agguerriti avvocati, che difendono diritti certi e conclamati, e le ottime funzionarie che conoscono bene il problema, serve per arrivare a una legge, quando riusciremo a farla, che potenzia, non diminuisce il vincolo. Io voglio un vincolo più potente, non voglio che qualcuno mi dica: «Non ti dico dov’è, non posso dirti dov’è, non vogliamo dirti dov’è un dipinto di Lorenzo Costa».

Voglio sapere dov’è. Voglio poterlo esporre. Voglio farlo passare dalla notifica in una casa, o dall’anonimato in una casa che non lo vuol fare uscire, a un luogo dove tutti lo vedano. È questo che mi sembra che abbia a che fare con il godimento del patrimonio artistico, come si chiamava nella legge del ’39, non fruizione dei beni culturali. Per questo, intanto, procederei con argomentate circolari per stabilire un rapporto di armonia fra privati, collezionisti, mercanti d’arte e gli uffici della nostra Direzione generale, e poi con una riforma che sostituisca la notifica con una prelazione potenziata dai finanziamenti che il governo ha.

Leave a comment

Your email address will not be published.