Nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne “c‘è molto da fare ed evitare il più possibile le polemiche“. Queste sono le prime parole di Paola Radaelli presidente dell‘Unione Nazionale Vittime (Unavi), un’associazione fatta di soli volontari presenti in quasi tutte le regioni, in parte vittime in parte donne e uomini di buona volontà, che ogni giorno mettono in campo il loro aiuto e la loro professionalità per combattere una battaglia che, guardando gli ultimi fatti di cronaca, Giulia Cecchettin un’altra vittima innocente, si sta facendo sempre più aspra.
L’associazione in campo per la violenza di genere
La nostra chiacchierata arriva il giorno dopo un importante incontro in cui l’associazione ha “consegnato” alcune richieste sulla violenza di genere al Parlamento europeo e al Consiglio regionale della Lombardia, di cui si sono fatti portavoce l’europarlamentare Vincenzo Sofo e il presidente del Consiglio Regionale Federico Romani. Un lavoro questo che da sempre porta avanti a dimostrazione che non è solo qualcosa nato dopo la forte scossa emotiva che la morte di Giulia ha portato nelle nostre coscienze. “Come associazione – racconta Radaelli – mettiamo in campo enormi sforzi. Da più di un anno e mezzo stiamo interagendo con il Ministero dell’Istruzione, a voce del sottosegretario dell’istruzione Paola Frassinetti, per modificare nelle scuole l’ora di educazione civica e trasformarla in educazione relazionale e sentimentale. La stessa richiesta che viene fatta oggi in cui si è scatenato il mondo dopo la morte della povera Giulia, ma a cui noi stiamo lavorando da oltre un anno scrivendo anche linee guida che abbiamo già consegnato al Ministero“.
Lavorare per fermare la violenza
“L’obiettivo importante – continua il presidente – è quello di velocizzare per mettere in atto il prima possibile le nostre proposte. Dobbiamo renderci conto che il mondo è cambiato e noi dobbiamo trovare una chiave di volta per parlare ai giovani, ascoltare le loro esigenze, e farne punti di forza partendo proprio dalla scuola. Non pensiamo che questo sia solo un problema italiano ma è da noi che comunque dobbiamo partire, modificando il nostro pensiero, non nascondendoci dietro l’omertà e il silenzio. Chi è vittima si sente soprattutto sola, spesso non parla perché ha paura e noi dobbiamo far in modo di creare intorno a lei una catena in cui può appoggiarsi. A cominciare dal suo stretto cerchio di vita, le amicizie, i familiari, che devono diventare sentinelle del disagio non espresso. Ma tutto questo serve a poco, se poi una volta denunciato, le donne e le vittime di violenza in genere non trovano un aiuto concreto che possa sostenerli e proteggerli. Noi mettiamo in campo proprio questo e lo facciamo anche con persone che a loro volta sono state vittime e che conoscono le sfumature emotive e sanno come far leva per aiutare ad uscire dall’incubo. Parlo ad esempio di Beatrice Paola Fraschini cordinatrrice Unavi primo ascolto, che ha dato la sua testimonianza durante l’incontro in collegamento con Strasburgo. Abbiamo la mamma di Noemi Durini che ha inviato un suo toccante video perchè non poteva essere presente. E ancora Giuseppina Ghilardi mamma di Daniela Bani che è stata uccisa dal marito. Le abbiamo volute coinvolgere in questo progetto con Strasburgo e Regione Lombardia, ma ce ne sono molte altre. Non dimentichiamo poi gli orfani delle vittime di violenza. Bisogna veramente rimboccarsi le maniche e cercare di aiutarli ad uscire da quel tunnel buio. Si deve prevenire e allo stesso tempo cercare di aiutare chi è rimasto ed è vittima. Per questo abbiamo portato testimonianze importanti come quella di Rosita Solano la cui madre settantenne è stata stuprata e gettata da un balcone e quella di Michele Matti Altadonna, fratello di Luigi Matti Altadonna vittima del Ponte Morandi di Genova, che ha lasciato quattro figli e Alberta Brambilla Pisoni segretario nasionale dell’associazione, in collegamento da Regione Lombardia, mamma di Lorenzo Claris Appiani l’avvocato ucciso nella strage del tribunale di Milano. Per farlo però le autorità devono aiutare noi“.
Le proposte
Proprio Michele ha trasformato il suo dolore e quello della sua famiglia mettendolo a servizio dell’associazione, diventando coordinatore nazionale Unavi giovani. “Nell’incontro – racconta – siamo stati i primi come associazione ad aver interagito con il Parlamento Europeo, insieme a Federico Romani, presidente consiglio regionale della Lombardia, chiedendo come prima cosa che tutte le regioni italiane abbiano il garante delle vittime. Siamo partiti proprio dalla Lombardia perché questa carica, voluta fortemente dalla nostra associazione, decaderà e verrà incorporata in quella dell’infanzia. Questo è un fatto molto grave, perchè non possono esserci cittadini di serie B. La nostra richiesta è quella di estenderla anche a livello europeo e nazionale per questo si è fatto garante l’europarlamentare Vincenzo Sofo. Abbiamo inoltre proposto eventi collettivi, una campagna di sensibilizzazione attraverso l’arte per potenziare con qualsiasi mezzo possibile questa battaglia soprattutto nelle scuole che deve però essere supportata dalle istituzioni“.
Michele Matti Altadonna, come detto è anche lui una vittima. “Dopo quattro anni dall’incidente del Ponte Morandi -spiega – stiamo combattendo ancora per avere giustizia. Sono state fatte tante promesse, mi ricordo la fila di autorità che sono venute nella camera ardente, ma poi nei fatti concreti nulla è successo, per questo la rabbia che non appartiene solo alla mia famiglia ma a tutte le vittime, deve essere messa a frutto per bloccare qualsiasi fenomeno di violenza e fare in modo che non ci siano più ingiustizie. Ora il presidente del consiglio Giorga Meloni, Matteo Salvini e altri senatori hanno espresso la loro vicinanza e si stanno interessando al Disegno di legge avanzato dai parenti delle vittime, anche se solo il tempo ci darà risposte concrete“.