Era stato condannato per omicidio volontario, dopo aver ucciso a colpi di pistola una delle due persone che aveva a quanto pare sorpreso a rubare in casa dei suoi genitori. E nelle scorse ore, la Cassazione ha confermato la condanna, rendendola definitiva: stando a quanto riporta la stampa pontina, l’avvocato Francesco Palumbo dovrà scontare undici anni di reclusione, anche perché secondo i giudici la sua non fu legittima difesa. Il professionista era stato nel dettaglio accusato della morte di Domenico Bardi e del tentato omicidio di Salvatore Quindici, per un episodio concretizzatosi a Latina nel 2017. Secondo quanto ricostruito dalle forze dell’ordine a seguito dell’accaduto, i due si erano introdotti nell’abitazione dei familiari di Palumbo, alla ricerca di denaro ed oggetti preziosi da portare via.
Una “visita” che fece subito scattare l’allarme dell’appartamento, collegato al telefono del professionista. L’avvocato sapeva quindi che qualcuno aveva violato la porta d’ingresso dell’abitazione e dopo esser stato avvertito via sms, prima di recarsi sul posto avrebbe prelevato e portato con sè la pistola che deteneva, regolarmente registrata. Una volta arrivato, avrebbe intravisto i due intrusi intenti a quanto sembra a fuggire. E a quel punto avrebbe aperto il fuoco: tre proiettili avrebbero centrato Bardi alla schiena mentre scendeva da una scala poggiata sul muro della palazzina, uccidendolo. E altri proiettili avevano colpito Quindici mentre cercava di scappare, ferendolo. A seguito dei fatti, Palumbo era quindi finito a processo: la Corte d’Assise di Latina lo aveva condannato a 14 anni di carcere, rigettando la ricostruzione della difesa. Anche se i due uomini ai quali sparò facevano parte di una banda specializzata in furti d’appartamento (stando alle successive ricostruzioni degli inquirenti) e lo stesso Quindici sarebbe stato poi condannato per furto, sarebbe stata in particolare la reazione di Palumbo a non convincere i giudici.
L’uomo avrebbe infatti esploso dodici colpi d’arma da fuoco, che secondo l’accusa non potevano essere dettati dalla semplice paura (diversamente da quanto sostenuto dagli avvocati difensori). Nella visione dei giudici insomma, non si trattò come detto di legittima difesa. Gli erano comunque state concesse le attenuanti generiche, essendo incensurato e avendo provveduto al risarcimento a favori dei familiari delle vittime che non si sono costituiti parte civile nel procedimento. Anche nell’ultimo grado di giudizio è stato tuttavia ritenuto colpevole: la Cassazione ha confermato anche la riduzione della condanna di tre anni, decretata già in appello. E ha posto così la parola “fine” sulla questione.