Quando Travaglio voleva fermare il treno in ritardo

Quando Travaglio voleva fermare il treno in ritardo

«Io istigo chiunque si trovi su un treno in ritardo ad andare dal capotreno e a pretendere di scendere dove vuole lui». Parola di Marco Travaglio, uno dei principali fustigatori del ministro Lollobridiga, finito nella bufera per aver chiesto e poi ottenuto di scendere dal Frecciarossa Torino-Salerno a Ciampino dal momento che il treno era in forte ritardo e lui voleva arrivare in tempo all’inaugurazione di una scuola a Caivano.

Ieri, il direttore del Fatto Quotidiano ha anche raccontato: «A me è capitato di salire su un treno che portava tre ore di ritardo, era il primo che da Roma arriva a Milano, eravamo centinaia che dovevano scendere, ma non chiedevamo un privilegio, semplicemente ci avevano fatto salire su un treno sbagliato, è ovvio che è impossibile fare le fermate a richiesta». Ma la versione di Travaglio si contraddice con quella che lui stesso ha fornito negli studi televisivi di La7 nel maggio 2009.

«Siamo in ritardo di un’ora e 40, non è che mi fa scendere a Bologna, ci impieghiamo 15 secondi?». Il virgolettato, condito da sorrisi e battutine, è suo. Segno che quando si punta il dito contro un politico è bene seguire il faro della coerenza nella ricostruzione di un sentiero morale che sentenzia cosa è giusto e cosa è sbagliato.

«Avevano appena inaugurato la Freccia Rossa, a mia insaputa naturalmente, nel senso che io non avevo capito che non facesse fermate intermedie – spiegava Travaglio alla conduttrice Victoria Cabello – io quella sera dovevo andare a Bologna per una presentazione del mio libro». Ed è qui che la storia assume i contorni faceti di una favoletta. «A un certo punto sento uno che protesta col controllore e gli dice: ”Ma com’è possibile che non faccia fermata a Bologna?”».

A quel punto Travaglio strabuzza gli occhi incredulo e si avvicina: «Scusi, come non ferma più, devo scendere a Bologna». Travaglio insiste: «Siamo in ritardo di un’ora e 40, non è che fate scendere me e il signore, ci impieghiamo 15 secondi, anche perché la stazione di Bologna non è che la attraversi a tutta velocità».

Al diniego del controllore, Travaglio si ritira, anche perché, come da sua stessa ammissione, «il giorno dopo ovviamente mi sarei trovato su qualche giornale con la predica alla legalità».

Un pensiero legittimo ma che si appanna poco dopo quando il giornalista racconta di aver incontrato l’attrice Francesca Neri col naso sanguinante perché «era andata a sbattere sulla porta scorrevole che quel giorno doveva essere particolarmente pulita e quindi non si vedeva nemmeno il vetro». Risate a crepapelle.

E qui arriva il bello della storia. Travaglio, fiutando un’altra occasione, racconta: «Lei era lì con la borsa del ghiaccio e a quel punto ho cominciato a dirle: ma non è che senti un capogiro? Perché mi hanno spiegato che l’unica ragione per cui possono fermare il treno a Bologna è che qualcuno si senta male». Purtroppo per lui anche il secondo tentativo andò a vuoto. Ma se il controllore avesse acconsentito alla richiesta di Travaglio, oggi lui avrebbe vestito ugualmente i panni del fustigatore? Non è dato sapere, ma ciò che è indubbio è che in realtà ogni anno i treni effettuano centinaia di fermate straordinarie per svariati motivi. Giusto un esempio: lo scorso 25 ottobre, a Civitanova, un Frecciarossa ha effettuato uno stop non previsto per evitare ulteriori disagi a chi, per colpa del ritardo, aveva ormai perso la coincidenza del Regionale Ancona-Civitanova e sarebbe rimasto a piedi. E tra quelli nessuno si chiamava Lollobrigida.

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