Milan, sette giorni a San Siro per giocarsi la dote

Milan, sette giorni a San Siro per giocarsi la dote

Milano Il Milan e Stefano Pioli si giocano tutta la dote in sette giorni, da vivere nel loro stadio. Sette giorni distribuiti tra le sfide domestiche di campionato (Fiorentina e Frosinone) e lo scontro diretto di Champions col Borussia martedì sera, sempre a San Siro. La spiegazione è elementare: se nel campionato è sempre possibile un recupero sulla lunghezza delle prossime 27 giornate, in Champions league invece solo la conquista di 4 punti tra tedeschi e inglesi del Newcastle può garantire l’eventuale qualificazione agli ottavi.

Ne sono consapevoli gli interessati, a cominciare dal tecnico di Parma («Penso solo alla gara con i viola, il mio futuro è incerto come quello di tutti gli allenatori, del domani non v’è certezza!») tormentato dal numero degli infortuni che è il tema principale al quale non si sottrae con grande coraggio. La frase simbolo è la seguente: «L’unico cruccio che ho è che in questi anni non siamo riusciti ad abbassare il numero degli infortuni, io lavoro non per cercare un colpevole, sono sicuro che miglioreremo». E qui si riapre il dossier spinoso, affrontato durante la sosta a Milanello, con un vertice di tutto lo staff «per esaminare i dati e decidere alcuni miglioramenti». Sono appena 3 i recuperati (Calabria, Pulisic e Loftus Cheek), due dei quali destinati a giocare subito per l’emergenza tra difesa e attacco, l’altro – l’inglese – riscaldato per il Borussia e portato in panchina. Per lo stesso motivo è ufficiale il battesimo di Francesco Camarda, 15 anni e 8 mesi, attaccante della primavera, schierato col numero 73 dopo l’ennesimo caduto, Okafor («il problema sono i calendari non corretti»), da portare in panchina. «Il talento non ha età, Francesco è maturo caratterialmente ed è pronto a darci una mano se ne avessimo bisogno», la scelta obbligata di Stefano Pioli (nel caso sarebbe record in A) che nel frattempo deve scaldare Jovic destinato, per uno di quei diabolici casi del calcio, ad affrontare proprio la Fiorentina («la squadra che ci ha fatto sempre soffrire» il riconoscimento al lavoro di Italiano). E qui scatta un altro numero che preoccupa Pioli e i suoi: da 4 partite il Milan non vince, ultimo precedente il successo a Genova.

L’analisi di Pioli, sul punto, è precisa: «Nel secondo tempo, sia a Napoli che a Lecce dove vincevamo 2 a 0, abbiamo perso attenzione e tensione». Un motivo in più per capire che causa l’assenza di Giroud (squalificato), Leao, Okafor e un bel numero di difensori (Kalulu, Pellegrino e Kjaer) l’obiettivo fondamentale è tornare a giocare da Milan per i due tempi. «Ci vuole una grande forza mentale» suggerisce ancora il tecnico che ha discusso della questione con Julio Velasco, da pochi giorni nuovo ct volley femminile. Sette giorni possono cambiare la vita al Milan e a Pioli, entrambi in attesa di Ibrahimovic sul quale l’allenatore spiega bene lo stato dell’arte («se Cardinale pensa che Ibra sia una risorsa eccezionale, pensa benissimo»). Non certo di Messi (inseguito per 10 giorni secondo la ricostruzione di Paolo Maldini): «Non ne ho mai sentito parlare» chiude il tecnico. Di sicuro gli servirebbe stasera.

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