Mentre in Olanda iniziano oggi le consultazioni per formare il nuovo governo, a Bruxelles si ragiona sull’ipotesi Nexit, dopo l’ampia vittoria alle elezioni politiche di Geert Wilders, il leader e fondatore del Partito per le Libertà (Pvv) che ha raddoppiato i propri consensi. La possibile uscita dell’Olanda dall’Ue è elemento sul tavolo anche dei bookmaker, visto che nel programma di Pvv è previsto un referendum sull’idea di una Nexit e lo stesso Wilders non lo ha escluso.
«Non commentiamo mai i risultati elettorali nazionali ha osservato il portavoce capo della Commissione europea, Eric Mamer – I Paesi Bassi sono un membro fondatore dell’Ue, un membro molto forte dell’Unione. Le elezioni hanno luogo a intervalli regolari negli Stati membri, questo di per sé non mette in dubbio in alcun modo la permanenza di alcun Paese nell’Ue».
Nel Paese intanto è il momento delle analisi e delle rivendicazioni tra vincitori e vinti. Come potrà il leader dell’ultradestra raggiungere la maggioranza di 76 seggi in Parlamento? La convinzione di Wilders di essere «il premier di tutti» non sembra scalfibile, anche perché tradizionalmente in Olanda le coalizioni sono la caratteristica principale dei governi e quindi il punto di partenza saranno i 37 seggi conquistati dal Pvv e i 39 che gli mancano.
In cima alle priorità di Wilders ci sono le restrizioni significative all’asilo e all’immigrazione, ma nei fatti è il tema delle alleanze che sta monopolizzando strategie e incontri riservati. «Sono stufo di come sono andate le cose negli ultimi anni. Vogliamo una politica d’asilo più severa» ha spiegato commentando i risultati elettorali.
Dato per certo il rifiuto ad allearsi con l’ultradestra da parte della curda Yeilgöz-Zegerius e dell’ex commissario Ue Frans Timmermans, due sono al momento i possibili candidati a un’interlocuzione con Wilders: il centrista Pieter Omtzigt, fondatore del Nuovo Contratto Sociale, che ha ottenuto 20 seggi alla sua prima apparizione elettorale e il Movimento agricoltore contadino (Bbb) capitanato da Caroline van der Plas, con 7, nettamente favorevole a una linea dura sul dossier migranti. Ne mancano altri 12. Secondo Omtzigt la formazione del governo «non sarà la più semplice, spetta anche ai politici responsabili la formazione di un governo in un modo o nell’altro e io mi assumo questa responsabilità».
Perdono dieci seggi rispetto alle elezioni del 2021 i liberali del Vvd guidati da Yeilgöz-Zegerius, il possibile volto nuovo della politica olandese e naturale prosecuzione del dimissionario Mark Rutte (per lui si vocifera di un incarico europeo a breve, Nato?), mentre il partito dei laburisti-verdi GroenLinks-Pvda di Timmermans, saldamente al secondo posto con 25 seggi, ha già escluso la possibilità di una coalizione con il leader del Pvv: «Governare con un partito che esclude, per noi è fuori questione». Nel mezzo spicca il silenzio dell’ex premier Rutte che non ha commentato l’exploit di Wilders («in qualità di primo ministro, non ho opinioni in merito al risultato elettorale») forse anche perché deluso dalla performance del suo partito.
Sugli scudi la comunità islamica nei Paesi Bassi, che ha organizzato manifestazioni di protesta contro il Pvv ad Amsterdam, Leida, Utrech, Tilburg e Nijmegen. Si è detta inoltre preoccupata dalla nuova composizione della Camera dei rappresentanti, dal momento che nel suo manifesto elettorale il partito di Wilders invoca un Paese senza moschee, scuole islamiche e promesse coraniche. Ma lo stesso Wilders ha dichiarato sin dai primi momenti della vittoria che non farà alcuna proposta che violi la Costituzione.