C’è il question time con la premier e non so cosa mettermi: dopo pranzo, in Senato, c’è l’aria eccitata delle grandi occasioni.
Giorgia Meloni arriva in aula puntuale alle 15, biancovestita, per rispondere alle interrogazioni dei senatori, e c’è la diretta tv a incentivare la partecipazione. Siede tra Giorgetti e Tajani al centro dei banco del governo, gremito, ma poi deve spostarsi: il suo microfono non funziona, si spegne a metà frase appena la premier comincia a replicare al primo interrogante. Il presidente Lei ride («Oddio, pensavo di aver già finito il tempo e mi è preso un colpo»), poi va a sedersi poco più in là tra Calderoli e Casellati. E confida: «Sono felice di essere qui, mi mancava molto il Parlamento».
Tra maggioranza e opposizione c’è un ovvio gioco delle parti: dal centrodestra arrivano alla presidente del Consiglio solo domande amichevoli, che le consentono di celebrare i successi del governo. Con una parentesi bipartisan sul femminicidio: «Grazie a tutti per il lavoro fatto, c’è un terreno sul quale siamo in grado di lavorare insieme, e su questo siamo a disposizione». Per il resto ognuno presidia il suo pezzo di territorio politico: Forza Italia (con Licia Ronzulli) solleva il tema della riforma fiscale e della riduzione delle tasse; la Lega (con il capogruppo Massimiliano Romeo) insiste sulla sicurezza; Lucio Malan per Fdi celebra il protocollo Italia-Albania per consentire a Meloni di rivendicare l’operazione: «Non ci hanno visto arrivare», dice lei, citando ironicamente il mantra di Elly Schlein. «Tutti dicevano che ero in vacanza in Albania, e invece ero lì per cercare una soluzione» al vertiginoso aumento degli sbarchi. E con l’occasione Meloni manda «un grazie al premier albanese Rama, per il grande aiuto offerto all’Italia con un atto di generosità che è anche una lezione per chi parla sempre di solidarietà europea». E attacca «la sinistra che ha cercato di espellerlo dal Pse: per loro l’accoglienza dei migranti non è di sinistra?».
Quanto all’opposizione, anche lì ognuno mira alla sua constituency televisiva. Il momento clou è il match con l’ex premier Matteo Renzi (vedi sopra) ma anche gli altri si distinguono. Il dem Francesco Boccia attacca sulle pensioni del personale sanitario e «l’impatto devastante che avrà su questo la vostra manovra». «Dobbiamo garantire equità e sostenibilità delle pensioni», replica una Meloni versione Fornero, e «interrompere la prassi cinica di gravare sui giovani e sulle loro future pensioni».
Il rossoverde Peppe De Cristoforo denuncia il «climafreghismo» del governo (il presidente La Russa sbarra efficacemente gli occhi: «Clima che? Abbiamo un neologismo?») che non investe sulla prevenzione dei disastri ambientali. Ma il top del cinismo è di M5s, che utilizza la telefonata- trappola dei due agit-prop di Putin spacciatisi per leader africani per accusare Meloni di «avere due facce sull’Ucraina», e per perorare la causa russa: «basta aiuti a Kiev» e basta «richieste di ritiro» a Mosca. La risposta di Meloni è ferma: «Se avessimo smesso di sostenere Zelensky ci sarebbe solo l’invasione russa. L’unico modo per ottenere una pace giusta è sostenere la resistenza ucraina».