Inchiesta sul Covid. Speranza archiviato restano gli errori

Inchiesta sul Covid. Speranza archiviato restano gli errori

Una Speranza delusa. Chi festeggiava l’apertura di un’inchiesta sui vaccini del Tribunale di Roma contro il ministro della Salute Roberto Speranza è rimasto deluso, e non poteva essere diversamente. È impossibile perseguire penalmente il governo di Giuseppe Conte per la sciagurata gestione del Covid. Lo aveva detto nei mesi scorsi il Tribunale dei ministri di Brescia, lo ha confermato ieri la Procura capitolina che ha chiesto di archiviare le accuse sull’esponente di Sel. Non perché la sua gestione sia esente da errori, anzi. È stata sbagliata la cura domiciliare «tachipirina e vigile attesa», si sono regalati dispositivi di protezione alla Cina (raddoppiando i voli da Pechino) mentre i medici bergamaschi morivano, le mascherine cinesi tarocche sono state allegramente sdoganate e qualcuno si è arricchito con commesse milionarie mentre autovalutazioni sballate convincevano l’Oms che avevamo fatto i compiti previsti dalle loro linee guida. Errori che hanno costretto l’Italia a importanti compressioni dei diritti costituzionali, due lockdown, obbligo vaccinale e green pass senza che questo ci evitasse una mortalità tra le più alte d’Europa. Ma sul piano penale – come ha ribadito questa estate al Giornale l’allora procuratore capo di Bergamo Antonio Chiappani, che ha condotto l’indagine monstre sulla mancata zona rossa e il piano pandemico fantasma – la mancata prevenzione non è reato e non è possibile ipotizzare una condotta omissiva dietro il reato di epidemia colposa. Capziosità da legulei, direbbe qualcuno. La gestione della pandemia è tutta politica, ed è in mano alla commissione d’inchiesta che faticosamente cerca di vedere la luce, anche per i distinguo di Pd e M5s che temono una caccia alle streghe contro l’ex premier. Anche gli ex ministri della Salute Giulia Grillo e Beatrice Lorenzin non avrebbero commesso i reati di rifiuto e omissioni in atti d’ufficio, falso e truffa, ipotizzati dai pm romani (l’attività istruttoria è stata svolta dalla pm Claudia Terracina con il coordinamento del procuratore aggiunto della Capitale Paolo Ielo), stesso dicasi per l’ex presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, l’ex numero due Oms Ranieri Guerra, i cinque dirigenti del ministero della Salute, l’allora dg della Prevenzione del ministero Giuseppe Ruocco e l’ex capo della protezione civile Angelo Borrelli. Al Giornale Ranieri Guerra, difeso da Roberto De Vita e Valentina Guerrisi, commenta: «Il tempo è galantuomo, ma per tre anni qualcuno mi ha accusato di non aver protetto l’Italia dal Covid, coltivando narcisismi mediatici e sommari giudizi di piazza».

Per la magistratura l’aver mentito all’Oms e non aver rivisto il piano pandemico non è reato. Amen. Al Parlamento oggi spetta il compito di evitare che si ripetano gli errori del passato, visto che il Covid non sembra essere definitivamente scomparso, né può escludersi a priori il rischio di una nuova fase pandemica, vedi le brutte notizie dalla Cina su strane polmoniti che colpirebbero i bambini. Se domani scoppiasse una nuova pandemia, cosa succederebbe? A che punto è il nuovo piano pandemico? È aggiornato? È operativo? Risponde Robert Lingard, già consulente dei familiari delle vittime della Bergamasca, rimaste senza giustizia e senza risarcimenti: «Il piano pandemico nuovo sarà completato solo a fine gennaio 2024, ma si stanno continuando a offrire soluzioni vecchie a problemi nuovi. La preparedness per pandemie e grandi rischi va inserita all’interno di una strategia generale di sicurezza nazionale che sia di competenza di un comitato apposito». Ecco perché serve la commissione d’inchiesta.

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