Alba di cessate il fuoco dopo 50 giorni di guerra. Poi via allo scambio: i primi 13 ostaggi “della stessa famiglia”

Alba di cessate il fuoco dopo 50 giorni di guerra. Poi via allo scambio: i primi 13 ostaggi "della stessa famiglia"

«Nulla è certo finché non avviene», spiega cauto il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari. Eppure, dopo un mese e mezzo di guerra, e a meno di nuove possibili sorprese, scatterà alle 6 di stamattina, le 7 in Israele, la prima tregua di quattro giorni nella guerra tra Hamas e Israele. Dopo oltre sei settimane nelle mani dei terroristi, la libertà dovrebbe arrivare alle 15 ora italiana, le 16 in Israele, per 13 donne e bambini israeliani della stessa famiglia, in mano agli islamisti dal 7 ottobre. La lista con i primi nomi è stata consegnata ieri al Mossad. I famigliari dei rapiti sono stati avvisati. Madri e figli non saranno separati, ha annunciato il Qatar, mediatore con Egitto e Stati Uniti. Insieme a questo gruppo, Hamas sostiene che saranno liberati anche 23 cittadini thailandesi, senza condizioni, grazie alla mediazione dell’Iran. L’intesa con Israele prevede 4 giorni di stop alle armi, durante i quali avverrà il rilascio di 50 ostaggi su 240 e la liberazione di 150 palestinesi dalle carceri israeliane. Programmata per le 10 di ieri, la tregua è slittata di 24 ore per la definizione di nuovi dettagli. Israele sostiene sia stato Hamas ad avanzare ulteriori richieste. Gli islamisti accusano Netanyahu per il ritardo.

Il trasferimento degli ostaggi avverrà attraverso il valico di Rafah. La Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa parteciperanno allo spostamento, fino a che i rapiti non saranno presi in consegna dall’Egitto. A Gaza entreranno inoltre 200 camion di aiuti umanitari e 4 di carburante ogni giorno. L’accordo prevede anche lo stop ai droni israeliani in tutto il sud della Striscia e per 6 ore al giorno a Gaza City e nel nord.

Le linee di comunicazioni «resteranno aperte e qualsiasi violazione sarà segnalata», spiega il Qatar. Il braccio armato di Hamas, le Brigate Al Qassam, ha promesso che fermerà tutte le operazioni militari. Anche fonti di Hezbollah, che ieri hanno rivendicato il lancio di 48 razzi contro una base militare nel nord di Israele e sei attacchi contro l’Idf al confine, hanno annunciato che, pur non avendo partecipato ai negoziati, si uniranno «alla cessazione dei combattimenti».

Israele attende con angoscia. «Vogliamo dare speranza alle famiglie che stanno attraversando l’inferno – ha spiegato il presidente Herzog – Per questo dobbiamo assicurarci che Hamas rispetti le rigide regole dell’accordo». Eppure né la tregua né il rilascio degli ostaggi mette in chiaro Gerusalemme – fermeranno la guerra. Il Mossad ha ricevuto l’ordine di colpire i capi di Hamas ovunque, anche all’estero. E il ministro della Difesa Gallant ha chiarito che, dopo la pausa, i combattimenti riprenderanno con intensità: «Creeremo pressione per portare indietro gli ostaggi. Si prevedono altri due mesi di guerra».

La battaglia nella Striscia è proseguita ieri con nuovi raid israeliani a Khan Younis, dove sono stati uccisi 15 palestinesi e il comandante delle forze navali di Hamas, Amar Abu Jalalah, e in una scuola Onu a Jabalia, nord di Gaza (30 morti). Le vittime nella Striscia sono quasi 15mila, secondo Hamas. «Continueremo finché non vinceremo», promette il capo di Stato maggiore Halevi. Israele ha anche arrestato ieri il direttore dell’ospedale Al Shifa di Gaza, Muhammed Abu Salmya, dopo le prove che nella struttura c’era un centro di comando di Hamas, dove gli islamisti hanno tenuto alcuni ostaggi. Oggi si capirà se bluffano o se rispettano l’accordo. Della tregua hanno disperato bisogno per riorganizzarsi e aprire la fuga da Gaza ai vertici.

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