A New York il sindaco è accusato di corruzione in silenzio, contestato di reati certi. Poi c’è Genova

Se intenda continuare a fare politica, suggerisco a Giovanni Toti di trasferirsi a New York. Lì l’Fbi indaga per corruzione il sindaco e alcuni tra i suoi collaboratori dal 2021. Come avvenuto a Genova. Ma nel silenzio. Senza arresti. Con capi di imputazione precisi

Se intenda continuare a fare politica, suggerisco a Giovanni Toti di trasferirsi a New York, portandosi appresso i suoi patteggiamenti o lasciandoli a casa, come vuole, non appena scadano i termini della sua sospensione dai diritti politici. Lì l’Fbi indaga per corruzione il sindaco e alcuni tra i suoi collaboratori dal 2021. Come avvenuto a Genova. Ma nel silenzio. Senza arresti. Con capi di imputazione precisi. L’Fbi non si occupa di finanziamenti regolari, tracciati. Non è impegnata a ricostruire dazioni cosiddette ambientali, ma eventuali mazzette puntualmente recapitate e favori o altre utilità in relazione a eventuali provvedimenti illegali dell’amministrazione, non a licenze commerciali o regolari dossier di decisione amministrativa. Sono in gioco rapporti di denaro e di scambio con la Turchia. Perquisizioni, sequestri di telefonini e iPad, intercettazioni lasciate alla comune immaginazione e mai pubblicate da alcuno. Nel tempo sono fioccate alcune dimissioni di assessori e quella del commissario all’ordine pubblico, alla polizia. Non ci sono stati arresti, né in carcere né ai domiciliari. Non risultano fotografie di brindisi, di visite a una barca (New York è anche un gran bel porto di mare), pettegolezzi mascherati da procedura penale, fotomontaggi e mappe alla ricerca della colpevolezza presunta.

Il contesto politico non esiste, esistono accuse puntuali, circostanziate, con il relativo lavoro di raccolta delle prove in vista di un giusto processo fondato sulla presunzione di innocenza e sulla parità procedurale tra accusa e difesa. Il tutto è venuto alla luce solo il 25 settembre del 2024 e solo a quel punto è stato regolarmente registrato con toni civili dalla stampa cittadina, il New York Times. Membri democratici e repubblicani del Congresso chiedono a Eric Adams, il sindaco, di dimettersi, ma non sono previste manifestazioni contro un arrestato al quale si dice che se voglia essere liberato deve dimettersi, come richiesto piuttosto esplicitamente da parte dell’Fbi o dei procuratori che si occupano della faccenda. In questo paradiso di legalità e di formalismo giuridico e di polizia si può vivere tranquilli, relativamente, fino a una assoluzione o a una condanna, dopodiché, nel caso infausto in cui le prove abbiano superato il dibattimento e il contraddittorio tra le parti, si va in galera, senza troppi sconti, e si pagano i dovuti risarcimenti.

Aperta ovviamente la possibilità ampia di patteggiare, ma non quella di sputtanare e deridere e mortificare una intera classe dirigente, perché le eventuali responsabilità sono personali, riguardano i singoli, la vita amministrativa e politica deve poter procedere al riparo della calunnia eventuale, delle propalazioni della stampa gialla, delle composizioni scomposizioni e ricomposizioni di una politica malata e succube del sistema di giustizia. È il regno delle distinzioni, delle separazioni, prima di tutto delle carriere di magistrati e giudici, c’è un clima di generale fiducia nel fatto che la giustizia, pur nel caso mai visto prima di un sindaco in carica indagato per il reato dei reati, farà come si dice il suo corso senza guardare in faccia a nessuno ma senza sfigurare e sfregiare la politica cittadina. New York è un buon termine di paragone in generale.

Quando ferveva, qui e anche nella stampa americana, la interessante e animata e bugiarda discussione sul conflitto di interessi di Berlusconi, editore nelle comunicazioni e capo del governo, osservammo che il sindaco Bloomberg prendeva decisioni esecutive importanti nella città di Wall Street essendo editore dei principali canali di comunicazione riguardanti la Borsa e la finanza. Nei giri turistici, fra un ristorante trendy e un cubo di Apple e un grattacielo futurista, dovrebbe essere compreso anche un tour sull’amministrazione della giustizia per evitare ai cretini fosforescenti di farsi un’idea sbagliata della sua conduzione in base alle faccende genovesi. Un’idea per il ministro Nordio.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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