Solco largo: la guerra Rai fra Schlein e Conte preoccupa Orlando in Liguria

La coalizione va ancora in frantumi e capita sempre più spesso. Dettagli e anedotti sui rapporti personai dei leader. Fra un mese si vota in Liguria: esclusa un’inizativa unitaria dei leader del centrosinitra

Solco largo. Tutti contro tutti sulla Rai. Ultimo teatro di una discreta guerricciola, densa di sgambetti e distinguo, che anima il centrosinistra da dopo le europee. E in particolare da quando, lo scorso luglio a L’Aquila, Elly Schlein si è fatta fotografare abbracciata a Matteo Renzi. Immagine che ha segnato il ritorno dell’ex premier fiorentino nell’alveo del campo largo. Con grande scorno di Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. I tre leader che ieri sull’elezione del cda Rai sono andati dalla parte opposta rispetto a quella di Elly Schlein, Matteo Renzi, Carlo Calenda e Riccardo Magi. Ucraina, referendum sulla cittadinanza, nomine e Liguria: il solco è largo. E il palco inizia a essere troppo stretto per tutti questi leader. Che difficilmente si vedranno insieme a Genova per sostenere Andrea Orlando.



Fra un mese, il 27 e il 28 ottobre, si deciderà il successore di Giovanni Toti. In quei giorni ci sarà anche il voto della Vigilanza Rai sul presidente di Viale Mazzini. Le opposizioni in quella occasione dovrebbero ricompattarsi sul no a Simona Agnes. Per quanto siano vicende di ampio respiro e molto romane, Orlando ieri non ha fatto i salti di gioia davanti all’ennesima spaccatura, clamorosa e dirompente, fra gli alleati che lo sostengono a livello regionale, dopo un discreto travaglio legato alla presenza dei renziani in lista (confluiti in una civica). Conte, per esempio, dovrebbe passare a sostenerlo ma già mette le mani avanti sulla possibilità di un’iniziativa corale. “Nemmeno in altre regionali è accaduto”, dicono dalle parti del M5s. Dove la ricerca dell’identità per non morire di subalternità al Pd va avanti a colpi di strappi. In generale il problema, oltre che politico, inizia a essere anche personale fra i leader della coalizione che sognano di scalzare Giorgia Meloni da Palazzo Chigi. Piccoli dettagli e retroscena rivelatori. Schlein si lamenta, per esempio, che l’Avvocato del popolo non le risponda mai al telefono. Angelo Bonelli, capo dei Verdi, si è legato al dito la candidatura con il Pd alle europee di Eleonora Evi. La deputata coportavoce del partito ambientalista se n’è andata accusando Bonelli di gestire “tutto in maniera patriarcale” e ha abbracciato Elly. “Che per correttezza non mi informò del nuovo acquisto”. Vendette e veleni. Non a caso ieri i dem spifferavano nell’orecchio dei cronisti questo gustoso aneddoto: “Devi sapere che Fratoianni non voleva votare il cda della Rai e che con i Verdi sono stati divisi sul da farsi fino all’ultimo, ma non potevano spaccarsi”.



Ieri Bonelli ha dichiarato: “Il campo largo oggi non esiste, perché se esistesse avremmo una situazione differente. E’ un lavoro che dobbiamo fare con molta pazienza”. Non proprio una carezza nei confronti della segretaria del Pd che dopo la votazione alla Camera ha trascorso tutta la mattinata al telefono, a parlare in maniera molto animata, gesticolando e camminando avanti e indietro nella galleria dei fumatori. Tutti contro tutti, con una discreta dose di cattiveria. Quando il M5s ha abbandonato l’Aula durante la discussione sul ddl lavoro, dal Nazareno è partita l’acida velina verso il partito di Conte: “Quando si tratta di ottenere poltrone in Rai sono sempre presenti per votare. Quando invece non si parla di poltrone, abbandonano l’Aula”. Schlein viene accusata, nel suo attivismo esasperato pieno di comunicazione efficace, di non comportarsi da federatrice ma di pensare solo a costruire un partito maggioritario, con buona pace degli alleati che, secondo lei, si adegueranno e si piegheranno alla legge del più forte. E’ macelleria messicana questo campo largo. Carlo Calenda, da sempre il più scettico su questo schema, dice che questa faccenda dimostra come tutto sia un’illusione ottica: “Non esiste: spiace che altre forze politiche di opposizione abbiano rotto il fronte per ragioni di tornaconto del proprio partito”. Fratoianni e Bonelli in coro: “Calenda ha perso la testa”. Questo è il livello del dibattito. E allora tocca segnalare anche Italia viva contro il M5s e viceversa. Batti e ribatti, pernacchie e graffi. Conte, federatore per un giorno di questa cosa rossoverde nata sotto il Cavallo morente, dice che il Pd insegue Renzi. Schlein tace, dice che non vuole alimentare polemiche interne già divampate modello Nerone. E’ contenta per le firme depositate contro l’Autonomia differenziata, spiega che il problema è “TeleMeloni”, che lei è coerente, che la partita insomma è di là, nell’altro campo, mettendosi ancora una volta la fascia da capitano di una squadra abbastanza indisciplinata che di sicuro non controlla. La segretaria del Pd ha la testa sulle regionali: se vincerà in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria sarà il suo capolavoro politico e incasserà il risultato. Conte, al contrario, aspetta questi tre verdetti senza ansia da prestazione, consapevole che il M5s ancora una volta sarà doppiato se non triplicato nelle percentuali dal Pd. E’ pronto a dire che in Liguria, se andrà male, è colpa di Renzi e di Schlein che lo ha accettato. Il solco è largo, Giorgia Meloni vi balla dentro.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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